Fascicolo 2203-B/2011
Oggetto: Indagine sugli affidamenti acquisiti dalla società Consiag Servizi S.r.l. da pubbliche amministrazioni.
Stazione Appaltante: Diversi comuni toscani
Il Consiglio
Vista la relazione della Direzione Vigilanza lavori, servizi e forniture
Considerato in fatto
L’Autorità, nell’ambito delle competenze attribuite dall’art. 6 del D.Lgs. 163/2006, tenuto anche conto di una segnalazione, ha avviato l’istruttoria nei confronti della società Consiag Servizi S.r.l. (di seguito CS), con la nota prot. n. 86390 del 26/08/2011, per la verifica della legittimità degli affidamenti acquisiti direttamente da parte di diversi comuni toscani. Con tale nota è stato chiesto a CS di fornire informazioni utili sulla Società e di inviare copia del rispettivo statuto e atto costitutivo, eventuali successive modifiche e l’elenco di tutti i contratti in essere dal 2009 con le diverse pubbliche amministrazioni. CS ha fornito riscontro con la nota prot. n. 98211 del 30/09/2011.
In seguito all’esame della documentazione pervenuta ed in particolare degli elenchi degli affidamenti in essere, l’Autorità ha selezionato a campione due contraenti (in funzione della rilevanza e durata degli affidamenti) ed ha avviato l’istruttoria nei confronti del Comune di Sesto Fiorentino, con nota prot. n. 106361 del 24/10/2011, e del Comune di Scandicci, con nota prot. n. 106360 del 24/10/2011. A questi Comuni sono stati chiesti chiarimenti circa le ragioni logico-giuridiche sottese alla scelta dell’affidamento diretto, nonché copia della relativa determina e del contratto stipulato con CS. Il Comune di Sesto Fiorentino ha risposto con la nota prot. n. 8407 del 26/01/2012 ed il Comune di Scandicci con la nota prot. n. 119744 del 01/12/2011.
Una prima comunicazione, approvata dal Consiglio, illustrativa delle criticità emerse sino a quel momento, è stata inviata a CS con la nota prot. n. 56675 del 07/06/2012. La società CS ha controdedotto con la nota assunta al prot. n. 70780 del 17/07/2012.
All’esito dell’esame delle controdeduzioni, unitamente a tutta la documentazione in atti, il Consiglio dell’Autorità ha disposto l’invio di una seconda comunicazione a CS, contenente le risultanze istruttorie, effettuata con la nota prot. n. 12496 del 01/02/2013. Tali risultanze istruttorie sono state inviate anche ai Comuni di Sesto Fiorentino e Scandicci con la nota prot. n. 12510 del 01/02/2013.
Tutti e tre i destinatari delle suddette comunicazioni hanno fornito riscontro, CS con la nota assunta al prot. n. 25603 del 07/03/2013, il Comune di Sesto Fiorentino con la nota prot. n. 20064 del 21/02/2013 ed il Comune Scandicci con la nota prot. n. 24169 del 04/03/2013.
In esito alla richiesta formulata da CS, il 23/04/2013 si è tenuta l’audizione della società innanzi il Consiglio dell’Autorità, nel corso della quale la società ha ribadito quanto contenuto nelle due note di risposta alle comunicazioni dell’Autorità ed, in particolare, ha sottolineato l’esito della sentenza del TAR Toscana n. 2090 del 20/12/2012, con cui il Tribunale Amministrativo ha annullato il provvedimento con cui il Comune di Prato (socio di CS e socio di maggioranza di Consiag spa) aveva proceduto alla revoca a CS del servizio per la gestione manutentiva del patrimonio comunale e gli atti predisposti dal comune per gli affidamenti di diversi servizi (fornitura di gas metano e manutenzione degli impianti termici, manutenzione del patrimonio immobiliare comunale, servizi di pulizia degli edifici comunali, scuole ed asili nido); tale provvedimento era stato adottato dal Comune di Prato sul presupposto della carenza del requisito del controllo analogo su CS.
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Dalle informazioni e dalla documentazione acquisita in corso di istruttoria è emerso quanto segue.
CS si definisce società in house, a totale capitale pubblico: il 15% del capitale è di proprietà di 15 comuni della provincia di Prato e il restante 85% è di Consiag S.p.A. (di seguito Consiag).
A sua volta Consiag è una società a totale capitale pubblico, posseduta da 24 comuni toscani. Tutti i 15 comuni soci di CS sono anche soci di Consiag. CS svolge in favore dei comuni soci diversi servizi sulla base di affidamenti diretti.
In particolare, CS espleta principalmente servizi di:
oltre a detti servizi, CS svolge in favore dei soci anche i seguenti ulteriori servizi:
Ritenuto in diritto
Ai sensi dell’articolo 1 dello Statuto, CS è costituita ai sensi dell’art. 113, comma 4, lett. a) e comma 5, lett. c) del D.Lgs. 267/2000 ed è una società a responsabilità limitata, a capitale interamente pubblico.
L’art. 2 precisa che CS è una “società strumentale, organizzata dagli Enti Locali, per lo svolgimento comune, in maniera unitaria e coordinata, di servizi pubblici e attività funzionali agli Enti locali stessi. La società è espressione della collaborazione intercomunale di pubbliche amministrazioni, portatrici di interessi omogenei, per la produzione di beni ed attività rivolte a realizzare fini sociali ed a promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunità locali, ed ha come obiettivo la gestione efficiente, efficace ed economica delle stesse attività”.
L’art. 5 elenca l’oggetto societario:
“a) la progettazione, realizzazione, trasformazione, gestione e manutenzione di impianti idrici, elettrici e termici in generale, quali, a mero titolo esemplificativo, impianti di produzione di energia termica, frigorigena, elettrica, comprese le attività post-contatore, gestione calore, servizio energia, nonché le attività previste dalla normativa vigente in materia di sicurezza, efficienza e risparmio energetico;
b) la produzione, acquisto, trasporto di energia di ogni forma e sua utilizzazione e/o vendita nelle forme consentite dalla legge;
c) la progettazione, realizzazione e gestione tecnico-manutentiva ordinaria e straordinaria del patrimonio immobiliare di proprietà o in uso di pubbliche amministrazioni, comprese le aree a verde, e quanto altro richiesto dagli enti locali inerente a immobili e/o ai relativi servizi, nonché la ricerca e lo studio di operazioni di recupero e riqualificazione di aree urbane, operazioni ed interventi di riconversione e riutilizzazione di aree e/o edifici industriali, artigianali e commerciali, progettazione e/o realizzazione di opere di urbanizzazione e relativi servizi;
d) la progettazione, realizzazione, gestione e manutenzione di impianti tecnologici, di illuminazione, anche votiva, e semaforici;
e) la progettazione, realizzazione, gestione e manutenzione di reti di telecomunicazioni, ricerca ed attuazione di tecnologie per la trasmissione di attività di telecomunicazioni, informatiche e multimediali, nonché vendita di servizi connessi;
f) la progettazione, realizzazione, gestione e manutenzione di infrastrutture stradali e non, di viabilità in generale, compresa la segnaletica stradale, di opere di urbanizzazione primaria e secondaria e assimilate, a favore degli enti locali, gestione di strutture pubbliche;
g) la progettazione, realizzazione, gestione e manutenzione di strutture e servizi cimiteriali;
h) la gestione dei servizi inerenti le attività di liquidazione, accertamento e riscossione dei tributi e di altre entrate e delle attività connesse complementari, accessorie ed ausiliarie indirizzate al supporto delle attività di gestione tributaria e patrimoniale, o relativi segmenti di attività; la gestione dei sistemi di riscossione e la gestione amministrativa delle sanzioni, o relativi segmenti di attività;
i) la gestione ed esecuzione di funzioni e servizi relativi alla toponomastica stradale e la gestione degli spazi pubblicitari e le attività correlate;
j) la gestione dei rifiuti, dei servizi ambientali e di eventuali altri servizi di igiene urbana, che la legge non riservi alla competenza da autorità sanitarie, e la manutenzione dell'ambiente e dell'arredo urbano; la progettazione, la realizzazione e gestione d'impianti relativi all'effettuazione dei servizi di cui alla presente lettera j);
k) l'attività editoriale e giornalistica, ad esclusione dei quotidiani, a favore degli enti locali, anche su supporti elettronici, magnetici, telematici e via internet, comprensiva, a titolo esemplificativo, di redazione, stampa, diffusione, commercializzazione, vendita, distribuzione e quant'altro connesso e collegato;
l) lo svolgimento di tutte le attività riconducibili ai servizi di cui sopra, comprese programmazione e promozione, studi, ricerche, consulenze, assistenza tecnica;
m) lo svolgimento di ogni altra attività complementare e/o sussidiaria, industriale, commerciale, finanziaria e terziaria, comunque connessa e complementare a quelle sopra indicate, e di ogni operazione che risulterà necessaria o utile per il conseguimento degli scopi sociali, con eccezione della raccolta del risparmio tra il pubblico e dell'esercizio delle attività riservate agli intermediari finanziari. La società potrà svolgere la propria attività esclusivamente per gli enti previsti dall'art. 2 del presente statuto, e, comunque, nel rispetto della normativa applicabile ai singoli settori di attività. per il raggiungimento degli scopi sociali, la società potrà esercitare tutte le attività di cui sopra in via diretta o promuovendo la costituzione di società, comunioni, consorzi di diritto privato ed altre forme associative perseguenti gli stessi fini o aventi per oggetto attività strumentali o complementari a quelle indicate nel presente articolo, nel rispetto della vigente legislazione in materia e di quanto indicato all'art. 1 del presente statuto. la società potrà, infine, prestare garanzie reali e/o personali per obbligazioni sia proprie che di terzi.”
Nella nota prot. n. 70780 del 17/07/2012, CS dichiara di essere società in-house degli enti locali che la partecipano e di non svolgere servizi pubblici locali bensì solo attività di tipo strumentale in favore degli enti soci. Anche il Comune di Scandicci, pare considerare CS società strumentale degli enti locali soci. Tuttavia, dall’analisi dell’ampio oggetto sociale, risulta evidente che la società può svolgere anche servizi pubblici locali quali, per esempio, il servizio di gestione rifiuti (art. 5 lett. j) o di gestione impianti di illuminazione (art. 5 lett. d) .
Pertanto, esaminato lo statuto di CS (ed in particolare l’art. 5) risulta evidente che CS non possa considerarsi società strumentale degli enti locali che la partecipano ai sensi del D.L. 223/2006 che all’art. 13 recita: “Al fine di evitare alterazioni o distorsioni della concorrenza e del mercato e di assicurare la parità degli operatori nel territorio nazionale, le società, a capitale interamente pubblico o misto, costituite o partecipate dalle amministrazioni pubbliche regionali e locali per la produzione di beni e servizi strumentali all'attività di tali enti in funzione della loro attività, con esclusione dei servizi pubblici locali e dei servizi di committenza o delle centrali di committenza apprestati a livello regionale a supporto di enti senza scopo di lucro e di amministrazioni aggiudicatrici di cui all'articolo 3, comma 25, del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, nonché, nei casi consentiti dalla legge, per lo svolgimento esternalizzato di funzioni amministrative di loro competenza, devono operare con gli enti costituenti o partecipanti o affidanti, non possono svolgere prestazioni a favore di altri soggetti pubblici o privati, né in affidamento diretto né con gara, e non possono partecipare ad altre società o enti aventi sede nel territorio nazionale. Le società che svolgono l'attività di intermediazione finanziaria prevista dal testo unico di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, sono escluse dal divieto di partecipazione ad altre società o enti”.
Si esamina, quindi, la società in questione alla luce della giurisprudenza comunitaria e nazionale in tema di in-house providing, in coerenza anche con quanto dichiarato dalla stessa CS che si definisce, appunto, società in house 1 .
Tanto premesso, è opportuno rammentare quali sono i requisiti elaborati dalla giurisprudenza comunitaria e nazionale sull’istituto dell’in house providing; a tal proposito, soccorrono i numerosi precedenti dell’Autorità come le Deliberazioni AVCP n. 41/2012, 87/2011, 67/2011, 12/2011, 54/2010 e 53/2011 nelle quali sono state esaminate le varie condizioni giustificanti il ricorso a tale istituto.
Come definito sin dal Libro Bianco del 1998 della Commissione Europea, gli appalti in house sono “quelli aggiudicati all’interno della pubblica amministrazione, ad esempio tra Amministrazione Centrale e locale o, ancora, tra Amministrazione ed una società interamente controllata”. Pertanto, il presupposto per un legittimo affidamento diretto di un servizio ad una società c.d. in house è la decisione di un ente pubblico di gestire direttamente un servizio pubblico per mezzo “di un modello di organizzazione meramente interno, qualificabile in termine di delegazione interorganica” (Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, sentenza n. 1/2008), che si attua con la creazione di un soggetto societario, appunto, solo formalmente distinto dall’ente stesso. In questo senso, la società c.d. in house deve essere in concreto una derivazione o una longa manus dell’ente stesso, al punto che è stata anche efficacemente definita autoproduzione economica. Va da sé, che deve sussistere una stretta strumentalità tra l’attività della società e le esigenze pubbliche dell’ente.
Ai fini della configurabilità di una società quale organismo in house di un ente pubblico, la giurisprudenza comunitaria ha individuato, e quella nazionale ha elaborato, alcune rigorose condizioni che sole legittimano il ricorso a un tale modello gestionale, considerato un’eccezione alla regola della procedura di gara per la selezione del soggetto esecutore di servizi pubblici. Infatti, poiché la creazione di una specifica società ad hoc da parte dell’ente locale si traduce, di fatto, nella sottrazione al mercato dell’affidamento diretto posto in capo alla propria società, essa deve costituire un’eccezione e rispettare, contemporaneamente, i requisiti di:
Per totale partecipazione dell’ente pubblico costituente la società s’intende sia l’assenza di capitale privato 2 , sia il possesso da parte dell’ente costituente dell’intero pacchetto azionario della società affidataria. Ciò non esclude che siano una pluralità di enti pubblici a costituire una società di capitali da essi interamente partecipata per la gestione di servizi pubblici; tuttavia, ciò impone che gli stessi soci debbano esercitare sulla società un concreto controllo analogo, non necessariamente individuale ma anche congiunto (deliberando anche a maggioranza).
A tal proposito, giova qui richiamare una recente sentenza della Corte di Giustizia UE del 29/11/2012 Causa C-182/11, che ha formulato alcune utili precisazioni proprio sul controllo analogo congiunto da parte di più enti soci di una società in house e così si è espressa: “ove più autorità pubbliche facciano ricorso ad un’entità comune ai fini dell’adempimento di un compito Comune di servizio pubblico [..] il controllo esercitato su quest’ultima non può fondarsi soltanto sul potere di controllo dell’autorità pubblica che detiene una partecipazione di maggioranza nel capitale dell’entità in questione, e ciò perché, in caso contrario, verrebbe svuotata di significato la nozione stessa di controllo congiunto”, concludendo che la condizione del “controllo analogo” è “soddisfatta qualora ciascuna delle autorità stesse partecipi sia al capitale sia agli organi direttivi dell’entità suddetta”.
Più in generale, per controllo analogo s’intende il tipo di controllo esercitato dall’ente pubblico nei confronti della società affidataria del servizio ovvero un controllo analogo a quello che l’ente affidante esercita sui propri servizi, permettendole di influenzare in modo determinante le decisioni in ordine sia agli obiettivi strategici che alle decisioni importanti della stessa società affidataria 3 .
A tal riguardo, è necessario verificare la sussistenza del controllo analogo caso per caso, analizzando le norme statutarie e, più in generale, la disciplina dei rapporti tra affidatari e soci pubblici, alla luce anche di alcuni indici sintomatici del controllo analogo:
Definiti in generale i tratti dell’in house providing, di seguito si procede ad illustrare perché si ritiene che CS non soddisfi i requisiti elaborati dalla giurisprudenza e, quindi, che i 16 contratti oggi gestiti da CS (ovvero i 14 contratti gestiti ad avvio istruttoria e i 18 contratti a luglio 2012) non siano conformi alla normativa in tema di contratti pubblici poiché assentiti dagli enti locali alla stessa società in carenza dei requisiti giustificanti l’affidamento in house.
Come illustrato in precedenza, il capitale di CS è detenuto al 15% da 15 comuni della Provincia di Prato, all’85% da Consiag, società, quest’ultima, il cui capitale è detenuto al 100% da 24 comuni toscani.
In merito al requisito del totale capitale pubblico, è ammissibile che la proprietà degli enti locali in una società in house possa essere mediata da una società a sua volta ad intero capitale pubblico. Ammesso che la partecipazione degli enti locali ad una presunta società in house possa essere mediata dalla partecipazione di un’altra società, a sua volta a totale capitale pubblico, è pacifico che tale intermediazione affievolisce il controllo analogo degli enti soci indiretti sulla prima società. In tali casi, pertanto, la sussistenza del controllo analogo va verificata in concreto, caso per caso (Corte di Giustizia Europea, sentenza del 11/05/2006, causa C-340/04). Nel caso in esame quindi è necessario verificare se anche i soci indiretti di CS (soci di Consiag), esercitino un controllo analogo su CS.
Sul punto, i due comuni e CS sostengono che la partecipazione di Consiag non inficerebbe la natura di società in-house di CS poiché la giurisprudenza ha ammesso tale compatibilità. Non sarebbe, infatti, da escludersi la configurabilità di un legittimo affidamento in house nemmeno laddove sussista una partecipazione privata nel soggetto affidatario, dovendosi guardare all’effettiva idoneità del soggetto prescelto a perseguire il fine per il quale si è fatto ricorso all’affidamento. Il Comune di Sesto Fiorentino aggiunge che non si può trascurare il fatto che Consiag sia interamente partecipata da enti pubblici e che la formazione della volontà di tale società ruota intorno al ruolo incisivo svolto dall’Assemblea, composta dai rappresentanti di tutti i comuni soci e che delibera con le maggioranze previste agli art. 17 e 18 dello statuto, permettendo agli enti locali di determinare in concreto il complessivo indirizzo gestionale della società stessa, e che l’art. 10 garantisce, inoltre, la totale partecipazione pubblica anche per il futuro. CS aggiunge che Consiag, sebbene azionista di maggioranza, non esercita un controllo rilevante poiché “i meccanismi decisionali emergenti dallo statuto di CS evidenziano il potere rilevante di ciascun comune socio nelle scelte strategiche e fondamentali della società posto che le scelte fondamentali sono assunte in assemblea all’unanimità dei presenti (art. 17.2 dello statuto)”.
L’art. 11.2 elenca le competenze dei soci, quali, per esempio, l’approvazione del bilancio e la nomina dell’organo di Amministrazione e controllo, etc. mentre l’art. 17.2 definisce i quorum costitutivi e deliberativi e così recita: “Nei casi previsti dal precedente art. 11.2, l’Assemblea è regolarmente costituita con la presenza di tutti i soci e delibera all’unanimità. In seconda convocazione, l’Assemblea è regolarmente costituita con la presenza di almeno la metà del capitale sociale e delibera all’unanimità”.
Dunque, se nella prima convocazione l’assemblea può deliberare solo in presenza di tutti i soci, che deliberano all’unanimità; in seconda battuta, benché l’assemblea debba deliberare all’unanimità, questa può essere regolarmente costituita con la sola presenza della metà del capitale sociale, cioè di Consiag, che con la sua quota pari all’85% detiene da sola ben più della metà del capitale sociale di CS.
La società CS ha precisato che in seconda convocazione ciascun ente locale può evitare che qualsiasi decisione non condivisa sia assunta, semplicemente presenziando alla seconda convocazione e votando in modo difforme dal socio di maggioranza, dal momento che lo statuto prevede l’unanimità anche in questo caso e che, di contro, l’assenza dell’ente locale alla seconda convocazione avrebbe il solo significato univoco di volersi conformare alla decisione che sarà presa dalla maggioranza, proprio come se avesse partecipato e votato favorevolmente.
Tuttavia, la disposizione in commento, ove letta in combinato con altri articoli dello stesso statuto di CS, non appare idonea a garantire il controllo analogo da parte dei comuni soci di CS su CS stessa; a ciò, poi, contribuiscono ulteriormente alcune considerazioni sul socio di maggioranza, Consiag.
Se è vero, come sostengono tanto la società quanto i comuni, che i singoli comuni soci diretti di CS possono esercitate nell’assemblea un potere di veto secondo i meccanismi di voto di cui sopra, previsti dall’art. 17.2 dello Statuto; è altrettanto vero che tale sistema di votazione riguarda esclusivamente le decisioni espressamente previste nell’art. 11.2 dello Statuto sopra citato, ovvero le decisioni indicate dal codice civile, l’approvazione del piano industriale annuale e pluriennale preventivo (che comprende i budget economici, gli investimenti e le politiche finanziarie, ai sensi art. 11.2, lett. e) e del rendiconto consuntivo annuale dello stato di attuazione delle politiche individuate dal piano industriale (ai sensi dell’art. 11.2 lett. f).
Tutte le altre decisioni vengono prese con diversi quorum costitutivi e deliberativi, cioè: “L’assemblea è regolarmente costituita con la presenza di tanti soci che rappresentano almeno la metà del capitale sociale e delibera a maggioranza assoluta” (art. 17.1).
E’ evidente che ogni volta che l’assemblea è convocata al di fuori dei casi espressamente previsti dall’art. 11.2, essa è regolarmente costituita solo se si presenta Consiag; mentre in caso contrario, la sola presenza di tutti i 15 comuni soci di minoranza non ne consentirebbe neppure la regolare costituzione. E’ altresì evidente che, presente Consiag, quest’ultima detenendo il pacchetto di maggioranza assoluta, ha il potere di determinare da sola tutte le decisioni dell’assemblea diverse da quelle previste nell’art. 11.2..
In conclusione, pare che Consiag, da sola, nei casi di adozione di decisioni ad essa riservate dalla legge o dallo statuto (art. 11.2), possa determinarne le decisioni, tanto in prima convocazione, non presentandosi ovvero esercitando il suo diritto di veto; quanto in seconda convocazione, ove in caso di assenza dei soci di minoranza potrebbe adottare le decisioni da sola ovvero, in presenza dei soci di minoranza, paralizzarne l’attività, esercitando il proprio diritto di veto. Mentre, per tutte le altre decisioni non riservate all’assemblea (al di fuori dei casi di cui all’art. 11.2), cioè gli argomenti che le siano sottoposti da uno o più amministratori ovvero da almeno un terzo del capitale sociale, cioè dai soci titolari del 33.33 % del capitale (art. 11.1), l’assemblea delibera in presenza della metà del capitale sociale e a maggioranza assoluta, cioè anche con il solo voto di Consiag.
Infine, l’art. 11.3, a chiusura della disciplina delle decisioni dei soci, prevede che: “L’Assemblea è dotata inoltre di strumenti di indirizzo, coordinamento e controllo sulle specifiche attività affidate dai Comuni, attraverso il relativo disciplinare di servizio”; dunque, benché l’assemblea sia dotata di strumenti di indirizzo, coordinamento e controllo sulle specifiche attività affidate dai comuni, questi strumenti appaiono generici e non supportati da specifici poteri e meccanismi decisionali. In ogni caso, non sono certamente i meccanismi di voto di cui all’art. 17.2, residuando eventualmente quelli di cui all’art. 17.1 dello statuto di CS.
Da ultimo, non può non rilevarsi in questa sede che i dubbi sulla reale consistenza del controllo analogo da parte dei comuni soci su CS, come sopra illustrati, si accrescono alla luce della già citata sentenza 50/2013 della Consulta, posto che la stessa dichiara l’incompatibilità tra la possibilità di influenza determinante da parte dell’ente pubblico e il rispetto dell’autonomia gestionale della società in house, che si dispiega, da un lato, nell’impossibilità di distinzione tra decisioni importanti e ordinaria amministrazione, ai fini del decidere; dall’altro, nella necessità di assicurare il condizionamento stretto (previsto dalla giurisprudenza comunitaria) attraverso pareri obbligatori e vincolanti su tutti i predetti atti decisionali del soggetto in house.
Invero, dallo statuto di CS, come sopra descritto, pare emergere una differenziazione, ai fini dell’esercizio dei poteri deliberativi degli enti pubblici soci, tra decisioni importanti e ordinaria amministrazione, nonché la carenza del condizionamento stretto da parte dei comuni, quantomeno sulle specifiche attività dagli stessi affidate, in relazione a cui non sono prescritti né pareri obbligatori e vincolanti né altri meccanismi analoghi.
Per poter comprendere se CS possa qualificarsi quale organismo in house degli enti pubblici soci si ritiene utile, altresì, procedere all’analisi congiunta delle due società, CS e Consiag, in considerazione del pacchetto di maggioranza detenuto da Consiag (ben l’85% di CS) e dei meccanismi di voto appena esposti, oltre che alla luce della sopra citata giurisprudenza.
Analogo procedimento ha seguito anche il TAR Toscana, nella citata sentenza n. 2090 del 20/12/2012, richiamata dai Comuni e commentata da CS a supporto delle proprie tesi. Di seguito, si riporta in estratto la sentenza, richiamata dagli stessi, proprio nella parte in cui il Giudice Amministrativo di prime cure analizza congiuntamente le due società:
“[..] proprio la ritenuta assenza di tale requisito – ricavata dalla mancanza di un rapporto gerarchico idoneo a garantire al Comune un potere di direzione, coordinamento e supervisione della società, nonché dall’impossibilità per il Comune, detentore di un numero all’uopo insufficiente di quote societarie, di paralizzare le iniziative non conformi ai suoi interessi e di svolgere un adeguato controllo sull’operato della società – costituisce il primo capo motivazionale sul quale poggia la determinazione di reputare cessato per legge l’affidamento e di procedere pertanto all’individuazione delle nuove modalità di gestione dei servizi.
Tuttavia, gli argomenti adoperati dall’amministrazione contrastano irrimediabilmente con i consolidati indirizzi della giurisprudenza nazionale, modellata su quella europea, secondo cui, nel caso di affidamento in house conseguente alla istituzione da parte di più enti locali di una società di capitali da essi interamente partecipata per la gestione di un servizio pubblico, il controllo, analogo a quello che ciascuno di essi esercita sui propri servizi, deve intendersi assicurato anche se svolto non individualmente ma congiuntamente dagli enti associati, deliberando se del caso anche a maggioranza, ma a condizione che il controllo sia effettivo, dovendo il requisito del controllo analogo essere verificato secondo un criterio sintetico e non atomistico, sicché è sufficiente che il controllo della mano pubblica sull'ente affidatario, purché effettivo e reale, sia esercitato dagli enti partecipanti nella loro totalità, senza che necessiti una verifica della posizione di ogni singolo ente (fra le altre, cfr. Cons. Stato, sez. V, 24 settembre 2010, n. 7092; id., 26 agosto 2009, n. 5082; id., sez. VI, 3 aprile 2007, n. 1514). E, nella specie, gli indici rivelatori del controllo riservato ai soci rispetto agli obiettivi strategici ed alle decisioni più rilevanti della società (cfr. Corte Giustizia CE, Sez. II, 17 luglio 2008, C-371/05) sono rappresentati dalla devoluzione all’assemblea, da parte dello statuto di Consiag Servizi S.r.l. , delle scelte aventi ad oggetto l’approvazione del piano industriale annuale e pluriennale, inclusi i budget economici, gli investimenti e le politiche finanziarie, e la verifica dei risultati, insieme ad ogni altra decisione significativa per la vita della società; nonché di poteri di indirizzo, coordinamento e controllo sulle specifiche attività affidate dai Comuni alla società medesima, poteri regolamentati di volta in volta dal relativo disciplinare di servizio. Allo stesso tempo, lo statuto di Consiag S.p.A., società interamente pubblica titolare del 93% delle quote di Consiag Servizi S.r.l. e partecipata al 37,88% dal Comune di Prato (socio di maggioranza relativa), riserva all’assemblea dei soci l’approvazione del piano programmatico di indirizzo e di sviluppo predisposto dal consiglio di amministrazione e l’autorizzazione preventiva sulle operazioni di cessione d’azienda o di rami d’azienda, di acquisto di partecipazioni di valore superiore al 2% del patrimonio netto in altre società aventi oggetto non affine, e l’assunzione e dismissione di partecipazioni di controllo in società, enti e associazioni, risultandone in tal modo soddisfatto il requisito del controllo sulle decisioni strategiche della società e, segnatamente, di quelle destinate a riflettersi sull’attività di Consiag Servizi S.r.l. .
In ogni caso, è evidente che la verifica circa la configurabilità o meno del “controllo analogo” non è affatto imposta dalla disposizione de qua, dal momento che l’esistenza di legittimi affidamenti in house è il mero presupposto applicativo dell’art. 13 D.L. n. 23/2006 cit., il cui oggetto attiene, piuttosto, alla disciplina delle condizioni necessarie per consentire la prosecuzione delle attività di produzione di beni e servizi strumentali svolte in regime di affidamento diretto, onde evitare indebite distorsioni della concorrenza: condizioni tutte presenti nel rapporto originato dal contratto di global service stipulato fra il Comune di Prato e Consiag Servizi il 27 marzo 2007, e, del resto, non contestate dall’amministrazione resistente, la quale insiste unicamente sulla inconfigurabilità del “controllo analogo”.”
In proposito si rappresenta che “I poteri di indirizzo, coordinamento e controllo sulle specifiche attività affidate dai Comuni alla società medesima, poteri regolamentati di volta in volta dal relativo disciplinare di servizio”, citati dal TAR Toscana, sono riportati all’art. 11.3 dello Statuto di CS, di cui sopra 5 . Tuttavia, come visto sopra, i meccanismi di votazione dell’assemblea, al di fuori dei casi di cui all’art. 11.2, sono diversi dai meccanismi menzionati all’art. 17.2, che garantirebbero ai comuni soci diretti di CS un vero e proprio potere di veto. Al di fuori dei casi previsti all’art. 11.2, l’assemblea si costituisce con la metà del capitale sociale e delibera a maggioranza assoluta 6 . Quindi, quello che per il Tar Toscana appare essere un potere tale da garantire il controllo analogo dei comuni soci sui propri affidamenti, in realtà sono strumenti genericamente e formalmente attribuiti all’assemblea, che, però, potrebbe – proprio per i meccanismi di voto sopra richiamati - essere utilizzabile a vantaggio esclusivo di Consiag e non dei singoli comuni affidatari. Per di più, non essendo specificate le modalità di esercizio di tali poteri, si nutrono forti dubbi sulla reale possibilità da parte dell’assemblea di incidere, tramite essi, sulle attività affidate dai comuni alla società. Sul punto preme, inoltre, segnalare che il disciplinare di servizio (citato nell’articolo 11.3 dello statuto ma non allo stesso allegato) è atto per definizione idoneo a regolamentare i rapporti tra l’ente committente e il gestore affidatario del servizio; l’averlo citato nello statuto, pare, dunque, un richiamare a tale atto per la disciplina dei rapporti tra i comuni affidanti e l’affidatario del servizio, CS. Mentre non si ritiene che il disciplinare di servizio sia, di per sé, atto idoneo ad incidere sui meccanismi decisionali interni della società, perlomeno alla luce della disposizione statutaria in commento.
E’ opportuno segnalare che invece nello statuto originario di CS (allegato all’atto costitutivo del 2005) 7 , era prevista l’istituzione di un organo societario atipico, il “Comitato degli enti” (art. 18), riservato agli enti locali soci (loro rappresentanti e delegati), affidatari di un servizio/attività alla società. Era prevista l’attribuzione a tale comitato di funzioni di indirizzo, coordinamento e controllo (funzionale, gestionale e finanziario) da realizzarsi attraverso l’emissione di pareri obbligatori e preventivi sulla quasi totalità delle materie riservate alle decisioni dell’assemblea, sia tramite convocazione in riunione sia tramite pareri scritti, dettagliatamente disciplinati e, in aggiunta a tali poteri, era inoltre previsto che ogni singolo ente locale, affidatario di un servizio, fosse dotato di strumenti di indirizzo, coordinamento e controllo sulle specifiche attività affidate alla società. Nell’attuale statuto di CS questa disposizione è stata eliminata. Senza voler entrare nel merito dello statuto originario, si vuole evidenziare che ivi era stato previsto un organo atipico con cui rafforzare, almeno in teoria, il controllo analogo dei comuni soci di CS, affidanti dei servizi, su CS.
A sostegno dell’assenza del controllo analogo dei comuni soci su CS, si aggiunge che nello statuto è prevista la possibilità di istituire sedi secondarie in tutto il territorio nazionale (art. 3.2) e di modificare sostanzialmente l’oggetto sociale (art. 11.2, lett. h) 8 , come in effetti è già avvenuto con l’ampliamento dell’oggetto sociale ai servizi di cui all’art. 5.1, lett. h) e lett. i) 9 . Tale ampliamento, nonché la commistione tra attività di tipo strumentale dell’ente locale con quelle di gestione di servizi pubblici locali di rilevanza economica, previste nell’ampio oggetto sociale, incidono sull’esclusività dell’oggetto sociale nonché sulla possibile vocazione commerciale della società e concorrono ad escludere la sussistenza del controllo analogo.
Venendo quindi all’analisi di Consiag, si ritiene che i comuni soci indiretti di CS (9), per il tramite della partecipazione in Consiag, non possano esercitare un controllo analogo su CS per la sussistenza in Consiag di una vocazione commerciale e per i poteri attribuiti al C.d.A., entrambi con esso incompatibili.
Sul punto, il TAR Toscana, sostiene l’esistenza del controllo analogo anche da parte dei comuni soci di Consiag e soci indiretti di CS. Il TAR Toscana evidenzia che sarebbero sottoposte all’Assemblea dei soci di Consiag “l’approvazione del piano programmatico di indirizzo e di sviluppo predisposto dal consiglio di amministrazione e l’autorizzazione preventiva sulle operazioni di cessione d’azienda o di rami d’azienda, di acquisto di partecipazioni di valore superiore al 2% del patrimonio netto in altre società aventi oggetto non affine, e l’assunzione e dismissione di partecipazioni di controllo in società, enti e associazioni, risultandone in tal modo soddisfatto il requisito del controllo sulle decisioni strategiche della società e, segnatamente, di quelle destinate a riflettersi sull’attività di Consiag Servizi S.r.l. ”. Tuttavia, analizzando lo statuto di Consiag ed in particolare l’art. 12, rubricato “competenze dell’assemblea ordinaria”, l’art. 23 intitolato “competenza e poteri dell’organo amministrativo” e l’art. 28 riportante “organi delegati”, il controllo dell’Assemblea sul Consiglio di Amministrazione della società per azioni non appare così incisivo da poter garantire un controllo analogo da parte dei 24 Comuni soci su Consiag stessa e quindi, indirettamente, su CS.
Infatti, secondo l’art. 23 dello statuto di Consiag (citato dal TAR Toscana), l’organo di amministrazione di Consiag deve richiedere preventiva autorizzazione all’Assemblea ordinaria in caso di “assunzione di partecipazioni in altre società aventi oggetto non affine, il cui valore sia superiore al 2% del patrimonio netto risultante dall’ultimo bilancio approvato (art. 23.2 lett. b))” e “nei casi di assunzione e dismissione di partecipazioni di controllo in società, enti e associazioni (art. 23.2 lett. c))”. Ma le previsioni statutarie richiamate (art. 23.2, lettera b) non riguardano eventi che possano influenzare CS, dal momento che l’oggetto sociale di CS è affine a quello di Consiag e l’art. 23, lettera c), invece, riguarda CS, se e solo se, la partecipazione che il C.d.A. di Consiag intendesse dismettere fosse di tale rilievo, da potersi qualificare come partecipazione di controllo.
Orbene, possedendo Consiag l’85% (quindi una quota di controllo) del capitale di CS, il C.d.A. di Consiag potrebbe decidere di alienare anche quote rilevanti di CS ma non tali da rendere precario il controllo della stessa Consiag su CS, e ciò quindi potrebbe avvenire senza doverne informare l’Assemblea dei soci di Consiag. Tali operazioni societarie, infatti, ai sensi dell’art. 28.3, lett. a) dello Statuto di Consiag 10 , sono espressamente riservate al C.d.A. di Consiag stessa e non necessitano pertanto di alcuna approvazione da parte dell’Assemblea dei soci, fatta eccezione per i casi sopra esaminati di cui all’art. 23.3 dello statuto.
Stante quanto appena specificato, si ritiene quindi di non poter condividere la citata ricostruzione del Tar Toscana secondo la quale i comuni soci di Consiag eserciterebbero un controllo sulle decisioni strategiche di Consiag e, segnatamente, di quelle destinate a riflettersi sull’attività di Consiag Servizi S.r.l. .
In tal senso, è bene evidenziare che all’organo amministrativo di Consiag “sono attribuiti tutti i poteri di gestione per il compimento delle operazioni necessarie per l’attuazione dell’oggetto sociale” (art. 23.1), fatta eccezione per le sole decisioni espressamente previste all’art. 23.2, come sopra descritte, sottoposte alla preventiva autorizzazione dell’assemblea. Spettano, inoltre, al consiglio d’amministrazione di Consiag le competenze di cui all’art. 23.3: “a) la riduzione del capitale sociale in caso di recesso del socio; b) l’adeguamento dello statuto sociale a disposizioni normative obbligatorie; c) la predisposizione del piano programmatico di indirizzo e di sviluppo”, nonché i poteri di delega di cui all’art. 28.1 e 28.4, il potere di costituire un comitato esecutivo di cui all’art. 28.2, il potere di nominare un direttore generale “determinandone i poteri”, di cui all’art. 28.5. Tutto ciò è ben lontano da quanto recentemente chiarito, e sopra riportato, dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 50 del 28/03/2013 in merito alla possibilità di influenza determinante dell’autorità pubblica concedente sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni importanti e senza possibilità di distinzione, peraltro, tra decisioni importanti e di ordinaria amministrazione.
Inoltre, il controllo dei 24 comuni soci di Consiag sulla stessa società sarebbe reso ancor più debole, dall’evidente vocazione commerciale di quest’ultima, palesata dall’oggetto sociale (art. 3.1) 11 , dalla possibilità per l’organo di Amministrazione di istituire succursali, filiali, agenzie, uffici, rappresentanze, depositi e stabilimenti in Italia ed all’Estero (art. 2.2), nonché dalle partecipazioni di Consiag, dirette ed indirette, in società aventi carattere dichiaratamente commerciale.
Pertanto, Consiag potrebbe essere qualificata quale società partecipata da enti locali che svolge attività commerciali, come del resto sostenuto dal Comune di Scandicci.
La vocazione commerciale di Consiag potrebbe confliggere con gli interessi pubblici degli enti locali costituenti, soci indiretti di CS. Pertanto, anche attraverso operazioni societarie che potrebbero sfuggire al controllo dell’Assemblea dei soci, Consiag potrebbe incidere, secondo una logica commerciale, sulla vita di CS.
Tutto ciò rende estremamente difficile il controllo analogo degli enti locali soci indiretti di CS, su CS. Tale conclusione risulta assai rilevante dal momento che Consiag, come più volte detto, possiede l’85% di CS e ne può determinare in maniera incisiva l’attività.
E’ evidente che ogni volta che l’assemblea di CS è convocata al di fuori dei casi di cui all’art. 11.2, è regolarmente costituita anche se solo si presenta Consiag; mentre in caso contrario la sola presenza di tutti i 15 comuni soci di minoranza non ne consentirebbe neppure la regolare costituzione. E’ altresì evidente che in presenza di Consiag, quest’ultima detenendo il pacchetto di maggioranza assoluta, ha il potere di determinare da sola le decisioni dell’assemblea.
Si ritiene, quindi, che tutto quanto sopra premesso, ivi comprese le richiamate sentenze sul tema della Corte di Giustizia UE e della Corte Costituzionale, dimostra la sussistenza di impedimenti rilevanti al controllo analogo dei comuni soci di Consiag, su Consiag stessa e a maggior ragione, su Consiag Servizi; non si può sostenere che i comuni soci solo di Consiag e quindi soci “indiretti” di CS, tramite Consiag, possano esercitare un controllo analogo su CS, tramite Consiag, poiché gli stessi, come visto sopra, non esercitano tale controllo neppure su Consiag stessa.
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio
Il Consigliere Relatore : Andrea Camanzi
Il Presidente: Sergio Santoro
Depositato presso la Segreteria del Consiglio in data 21 maggio 2013
Il Segretario
Maria Esposito
1- Ammesso e non concesso che CS fosse, invece, riconducibile alla nozione di società strumentale ai sensi del citato c.d. decreto Bersani, la stessa incorrerebbe nei divieti ivi previsti.
2- E’ ammessa l’apertura al capitale privato sebbene non nel breve periodo e a condizione che, nel caso tale ipotesi si realizzi, cessino gli affidamenti diretti alla società poiché viene meno la sua natura di organismo in house che legittimava gli affidamenti dei servizi senza previo espletamento di procedure ad evidenza pubblica.
3- Cfr. Causa C-458/03, Parking Brixen e Causa C-371/05; Cons. St., Sez. V, n. 5/2007; Deliberazioni AVCP n. 12/2011 e 54/2010.
4- Cfr. Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria n. 1/2008; TAR Sicilia, sentenza n. 44/2012.
5- Il testo così recita: “l’assemblea è dotata, inoltre, di strumenti di indirizzo, coordinamento e controllo sulle specifiche attività affidate dai comuni, attraverso il relativo disciplinare di servizio”.
6- L’assemblea è regolarmente costituita con la presenza di tanti soci che rappresentano almeno la metà del capitale sociale e delibera a maggioranza assoluta” (17.1).
7- Consiag Servizi S.r.l. è stata costituita nel 2005 da Consiag SpA. e i 15 comuni soci sono entrati nella compagine sociale successivamente.
8- L’assemblea dei soci si esprime su: “le decisioni di compiere operazioni che comportano una sostanziale modificazione dell’oggetto sociale o una rilevante modificazione dei diritti dei soci”.
9- Corte di Giustizia 13/10/2005, C-458/2003.
10- L’art. 28.3, lett. a, dello Statuto di Consiag così recita: “non sono, comunque, delegabili , e restano, quindi, di esclusiva competenza del Consiglio, oltre a quanto previsto all’art. 23.3 i poteri relativi a: a) la costituzione ovvero l’assunzione di partecipazioni da parte della società in enti, istituti, organismi e società, e la designazione, ove occorra, delle persone destinate a rappresentare nei medesimi la società, nonché le dismissioni o cessioni delle partecipazioni”.
11- Art. 3.1: “la società ha per oggetto la gestione diretta ed indiretta, anche tramite società partecipate, di attività inerenti i settori gas, telecomunicazioni, energetici, idrici, informatici, servizi pubblici ed alle imprese [..]”.
Art. 3.1 lett. g): “realizzazione, gestione e manutenzione degli impianti termici e tecnologici, di illuminazione e semaforici, di strutture cimiteriali, attività di gestione tecnico manutentiva di patrimoni immobiliari e di servizi pubblici e privati”.
Art. 3.1 lett. e): “progettazione, realizzazione, gestione e manutenzione di reti di telecomunicazioni, ricerca ed attuazione di tecnologie per la trasmissione di attività di telecomunicazioni di attività di telecomunicazioni, informatiche e multimediali, nonché vendita di servizi connessi”.
Art. 3.1 lett. h): “progettazione, realizzazione, gestione e manutenzione di infrastrutture stradali e non, di opere di urbanizzazione primaria e secondaria e assimilate, a favore degli Enti locali, gestione di strutture pubbliche e private”.