DELIBERA N.501 DEL 5 giugno 2019
OGGETTO: Istanza congiunta, per adesione successiva, di parere di precontenzioso ex art. 211, comma 1, del d.lgs. n. 50/2016 presentata da Centopercento Servizi S.r.l. – Procedura aperta per l’affidamento del “servizio di trasporto alunni – aa.ss. 2019-20/2020-21” con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo - Importo a base d’asta: euro 600.000,00 – S.A.: CUC Trasparenza Comune di Montalto Uffugo, Comune di Rende, Comune di San Vincenzo La Costa.
PREC 72/19/S
Il Consiglio
Considerato in fatto
Con istanza di parere di precontenzioso acquisita al prot. n. 35893 del 6 maggio 2019, la società Centopercento Servizi S.r.l. ha contestato la presunta legittimità delle seguenti clausole afferenti la procedura di gara in oggetto: 1) la richiesta di un fatturato globale e specifico minimo annuo di ammontare superiore al doppio dell’importo posto a base di gara; 2) la previsione degli esercizi finanziari (2015-2016-2017) per la comprova del possesso dei requisiti di capacità economico-finanziaria; 3) la previsione secondo la quale, nel computo del fatturato specifico conseguito nel settore oggetto dell’appalto, rientra anche quello maturato nello svolgimento dell’attività di noleggio da rimessa con conducente; 4) la richiesta di avere eseguito, nell’ultimo triennio, “un servizio analogo a quello oggetto di gara della durata non inferiore a un (1) anno e di importo minimo non inferiore a € 280.000,00”; 5) la richiesta di disporre, al momento della presentazione dell’offerta, di un numero di mezzi idonei all’espletamento del servizio, compreso un mezzo idoneo al trasporto degli alunni disabili; 6) i criteri di valutazione dell’offerta tecnica.
In data 17 maggio 2019 (con nota acquisita al prot. n. 39589/2019), la CUC Trasparenza dei Comuni di Montalto Uffugo, Rende e San Vincenzo La Costa ha aderito all’istanza di parere.
Con nota prot. n. 41993 del 24 maggio 2019, l’Autorità ha comunicato alle parti l’avvio del procedimento e, successivamente, sono pervenute le memorie di entrambe le parti interessate.
Ritenuto in diritto
L’appalto di cui si discute ha ad oggetto l’affidamento del servizio di trasporto scolastico e accompagnamento degli alunni (anche diversamente abili e/o con capacità motoria ridotta) iscritti e frequentanti le scuole dell’infanzia, primaria e secondaria di primo grado, per la durata di due anni scolastici (2019-20/2020-21) e per un importo a base di gara di € 600.000,00 di cui € 3.000,00 per oneri della sicurezza non soggetti a ribasso. Ai fini della verifica della capacità economica e finanziaria, la stazione appaltante ha richiesto: a) il possesso di un “fatturato globale minimo annuo riferito a ciascuno degli ultimi n. 3 esercizi finanziari disponibili (2015-2016-2017) di € 600.000,00 IVA esclusa (corrispondente ad un fatturato globale complessivo nel triennio non inferiore a € 1.800.000,00)” (art. 7.2. lett. d del disciplinare di gara); b) il possesso di un “fatturato specifico minimo annuo nel settore di attività oggetto dell’appalto riferito agli ultimi tre esercizi finanziari disponibili (2015-2016-2017) non inferiore ad € 450.000,00 IVA esclusa (corrispondente ad un fatturato specifico complessivo nel triennio non inferiore a € 1.350.000,00)” (art. 7.2. lett. e).
La Società odierna istante, premettendo di essere l’affidataria uscente del servizio e di avere interesse a partecipare anche alla nuova gara, contesta la legittimità delle predette clausole per contrasto con l’art. 83 del d.lgs. n. 50/2016, con il principio di proporzionalità nonché per difetto di motivazione.
Con riferimento alla capacità economico-finanziaria negli appalti di servizi e forniture, l’art. 83 del d.lgs. n. 50/2016 introduce, rispetto al previgente art. 41 del d.lgs. n. 163/2006, una serie di prescrizioni nell’ottica di implementare il rispetto del principio del favor partecipationis.
Innanzitutto, viene codificato il principio di matrice giurisprudenziale (cfr. ex multis Cons. Stato, sez. V, 29 dicembre 2009, n. 8914; Id., sez. VI, 3 aprile 2007, n. 2304) secondo il quale le stazioni appaltanti godono di ampia discrezionalità nella fissazione dei requisiti di selezione dei concorrenti, con il limite della proporzionalità ed attinenza con l’oggetto dell’appalto (art. 83, comma 2). Inoltre, pur prevedendo che le amministrazioni possono richiedere il possesso di un fatturato (sia globale che specifico) minimo “annuo” (laddove il previgente codice si riferiva al fatturato complessivo del triennio considerato e non a quello annuale), il nuovo codice introduce due limiti espressi alla discrezionalità della P.A.: il primo è di carattere quantitativo e comporta che il fatturato richiesto non può superare il doppio del valore stimato dell’appalto; il secondo limite, invece, è di carattere sistematico e comporta la necessità di motivare in modo adeguato la scelta di prevedere criteri di selezione connessi al fatturato aziendale, nonché di motivare in modo ancora più rigoroso la previsione di una soglia di fatturato superiore al limite quantitativo di cui si è detto.
Nel caso in esame, si ritiene che la stazione appaltante non abbia rispettato né il limite quantitativo né quello motivazionale previsti espressamente dal legislatore.
Fermo restando che l’Amministrazione gode di ampia discrezionalità nella previsione dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-professionale, va rammentato che tale scelta è sindacabile laddove sia irragionevolmente limitativa della concorrenza, in quanto la discrezionalità della P.A. non è stata correttamente esercitata attraverso la previsione di requisiti pertinenti e congrui rispetto allo scopo perseguito (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. V, 27.12.2018, n. 7268; Id., sez. V, 23 settembre 2015, n. 4440).
Nel caso in esame, si ritiene che, a fronte di un importo biennale a base di gara pari ad € 600.000,00, sia irragionevole e sproporzionata (oltre che non motivata, come si preciserà infra) la richiesta di un fatturato globale e specifico minimo annuale relativo al triennio 2015-2017 che supera complessivamente (vale a dire, sommando l’importo “minimo” previsto per le singole annualità considerate) il valore stimato dell’appalto. In particolare, per il fatturato globale la predetta soglia viene superata di un terzo, avendo la stazione appaltante richiesto un importo annuale minimo di € 600.000,00 che nel triennio richiesto comporta un importo complessivo minimo di € 1.800.000,00; invece, relativamente al fatturato specifico, la soglia è stata superata per € 150.000,00 essedo stato previsto un importo annuale minimo nel settore oggetto di gara non inferiore ad € 450.000,00 corrispondenti ad un fatturato specifico triennale minimo non inferiore a complessivi € 1.350.000,00.
Per giustificare la clausola de qua, la stazione appaltante ha dedotto che la quantificazione operata sarebbe conforme al disposto di cui al comma 5 dell’art. 83 del vigente Codice, in quanto il fatturato minimo annuo globale e specifico risultano, rispettivamente, di importo uguale e minore al doppio dell’importo a base di gara, considerando il valore stimato “annuo” dell’appalto (pari ad € 300.000,00).
Tale tesi - sebbene indotta da una formulazione poco chiara della disposizione in esame - non appare condivisibile per diverse ragioni.
Essa, in particolare, contrasta con la formulazione testuale dell’art. 83, comma 5, in seguito alla modifica apportata dal correttivo al codice dei contratti pubblici, e con la sua ratio.
Infatti, l’art. 49 del d.lgs. n. 56/2017, nell’ambito del primo periodo del comma 5 dell’art. 83 (“il fatturato minimo annuo richiesto ai sensi del comma 4, lettera a) non può comunque superare il doppio del valore stimato dell’appalto”) ha inserito l’inciso “calcolato in relazione al periodo di riferimento dello stesso”. Come precisato nella relazione illustrativa allo schema di decreto legislativo “correttivo”, la predetta integrazione al dettato normativo esige “nel caso in cui le stazioni appaltanti richiedano, come requisito, un fatturato minimo annuo, che questo sia calcolato in relazione al periodo di riferimento dell’appalto”.
Invero, la disposizione de qua, allo scopo di implementare il favor partecipationis, dispone che il fatturato vada quantificato considerando il “periodo di riferimento” dell’appalto, vale a dire la sua durata massima prevista nella lex specialis di gara, ed in ogni caso tenendo presente la soglia del doppio del valore stimato dell’affidamento. Ciò comporta che nel caso - come quello in esame - in cui il “periodo di riferimento” dell’appalto sia disallineato rispetto al periodo di riferimento dei requisiti, l’Amministrazione, dopo avere determinato l’ammontare annuo del fatturato in relazione all’importo annuale stimato per l’appalto, tenga conto altresì della durata complessiva dell’affidamento per determinare il limite massimo del valore del fatturato richiesto nel triennio precedente (che, in ogni caso, non può eccedere il doppio del valore complessivo dell’appalto calcolato in relazione alla totale durata).
Una diversa interpretazione della disposizione de qua porterebbe, da un lato, ad una sostanziale disapplicazione dell’inciso introdotto dal correttivo, dall’altro, all’elusione del principio di proporzionalità e del favor partecipationis, vale a dire di quegli stessi principi che il legislatore sia nazionale che europeo hanno inteso preservare attraverso la previsione di un limite quantitativo alla richiesta del fatturato.
D’altra parte, la scelta del legislatore di prevedere un preciso limite quantitativo per la richiesta del fatturato, pur rappresentando una novità introdotta dal Codice del 2016, appare coerente sia con le indicazioni della giurisprudenza formatasi sotto la vigenza dell’art. 41 del d.lgs. n. 163/2006 (cfr. Cons. Stato, sez. V, 31 gennaio 2006, n. 348; Id., sez. V, 14 dicembre 2006, n. 7460), che con le posizioni espresse da questa Autorità (cfr. Parere n. 222 del 22 dicembre 2015; Delibera n. 40 del 19 dicembre 2013; Parere n. 36 del 26 febbraio 2014; Parere n. 149 del 20 giugno 2014; Parere n. 95 del 13 maggio 2010), che avevano individuato nel doppio del valore stimato dell’appalto il limite massimo del fatturato richiedibile. Inoltre, l’interpretazione in chiave pro-concorrenziale del comma 5 dell’art. 83 appare coerente con le previsioni della direttiva 2014/24/UE (considerando n. 83 e art. 58, par. 3).
Oltre a quanto dianzi rilevato, appare dirimente il vizio relativo al difetto di motivazione della decisione dell’Amministrazione di richiedere un fatturato annuo minimo. Tale obbligo (rectius onere) è stato espressamente previsto dall’art. 83, comma 5, del d.lgs. n. 50/2016, in coerenza con la statuizione di cui all’art. 58, par. 3, della direttiva 2014/14/UE (secondo cui “l’amministrazione aggiudicatrice indica i motivi principali di tale requisito nei documenti di gara o nella relazione unica di cui all’articolo 84”).
Come chiarito dal Consiglio di Stato (sez. III, 19 gennaio 2018, n. 357), in capo alla stazione appaltante incombe sia l’onere di motivare la scelta di richiedere un fatturato minimo (globale e specifico) “indipendentemente dal rispetto o no del limite del doppio del valore stimato dell’appalto”, sia l’onere (più rigoroso) di indicare le circostanze in presenza delle quali si sia ritenuto di superare la soglia del doppio del valore dell’appalto, poiché in questo caso occorre dare ragione della sussistenza di “circostanze adeguatamente motivate relative a rischi specifici connessi alla natura dei servizi e forniture, oggetto di affidamento”.
Nel caso di specie, si ritiene che l’amministrazione aggiudicatrice abbia assolto solo in modo formale ed apparente l’onere motivazionale ma non abbia esternato, in relazione alle caratteristiche del servizio da affidare e del mercato di riferimento, il percorso logico-giuridico seguito in ordine alla scelta dei requisiti di fatturato minimo globale e specifico e quindi le specifiche ragioni, sempre avuto riguardo all’oggetto dell’appalto, in base alle quali è stata individuata una determinata soglia (in termini, cfr. Cons. Stato, cit., n. 357/2018). Sussiste, pertanto, anche il difetto di motivazione dedotto dall’istante.
Non appare, invece, condivisibile la doglianza della società relativa al triennio da prendere in considerazione per verificare la sussistenza dei requisiti di capacità economico-finanziaria.
Invero, l’Amministrazione ha correttamente considerato il triennio 2015-2017 in ragione del fatto che, alla data di presentazione delle offerte, non era ancora scaduto il termine di deposito e di approvazione dei bilanci per le società di capitali che abbiano richiesto la proroga del termine previsto dalla legge (fino a 180 giorni dalla chiusura dell’esercizio finanziario). Detta prescrizione appare, peraltro, in linea con quanto previsto dall’Autorità nella Determinazione n. 5 del 21 maggio 2009 (recante “Linee guida per l’applicazione dell’art. 48 del d.lgs. n. 163/2006”).
Né può ritenersi idoneo a modificare la lex specialis di gara, il chiarimento n. 5, dal momento che, come noto, i chiarimenti devono limitarsi ad illustrare la disciplina di gara, senza modificarla né integrarla (cfr., ex multis, Con. Stato, sez. V, 17 gennaio 2018, n. 279).
La clausola secondo cui, ai fini del fatturato specifico, si può prendere in considerazione anche il fatturato maturato nell’ambito dell’attività di noleggio da rimessa con conducente, appare conforme all’art. 83 del d.lgs. n. 50/2016 nonché al bando-tipo n. 1 dell’Autorità sui servizi e forniture
A tale riguardo, in un’ottica pro-concorrenziale, è necessario che il settore di attività venga individuato in senso più ampio rispetto all’oggetto dell’appalto stesso, in quanto l’ambito di attività è qualcosa che supera e trascende l’oggetto dell’appalto (cfr. relazione illustrativa al bando-tipo n. 1).
Si ritiene parimenti esente da censure la clausola relativa al cd. servizio “di punta” richiesto ai fini della capacità tecnica e professionale (“servizio analogo a quello oggetto di gara della durata non inferiore ad un (1) anno e di importo minimo non inferiore a € 280.000,00”).
La predetta clausola (a differenza di quanto osservato relativamente alla capacità economica) non appare né discriminatoria né abnorme rispetto al valore dell’appalto, in ragione del fatto che viene richiesto un solo contratto per un importo inferiore al valore stimato annuale dell’affidamento e che l’arco temporale di riferimento è piuttosto ampio, trattandosi dell’ultimo triennio (cfr. Delibera dell’Autorità n. 177 del 21 febbraio 2018; Consiglio Stato, sez. V, 4 gennaio 2017, n. 9).
Non appare illogica né sproporzionata la clausola del disciplinare (art. 7.3. lett. g) che esige di disporre, al momento della presentazione dell’offerta, di un numero di mezzi idonei all’espletamento del servizio, richiedendo la produzione “del certificato di proprietà o della relativa disponibilità giuridica” in sede di comprova.
Premesso che le stazioni appaltanti hanno il potere di fissare nella lex specialis parametri di capacità tecnica dei partecipanti e requisiti specifici di partecipazione attraverso l’esercizio di un’ampia discrezionalità, fatti salvi gli ovvi limiti imposti dai principi di ragionevolezza e proporzionalità (cfr. Cons. Stato, sez. V, 27.12.2018, n. 7268), si osserva che la prescrizione de qua appare coerente con le esigenze del servizio, consistente nel trasporto degli alunni, anche diversamente abili, rispetto al quale “il possesso di un numero di mezzi di trasporto adeguato costituisce il principale elemento in grado di comprovare la capacità del singolo operatore economico di eseguirlo esattamente” (Cons. Stato, sez. V, 22 gennaio 2015, n. 259; in termini, cfr. TAR Piemonte, sez. II, 14 marzo 2014, n. 461; Cons. Stato, sez. V, 13 marzo 2006, n. 1293).
Per quanto concerne, invece, il rischio di una restrizione della concorrenza paventato dall’istante con riferimento alla suddetta clausola, si ritiene che esso sia scongiurato sia dalla possibilità, contemplata nella lex specialis, di procurarsi la disponibilità dei mezzi attraverso titoli giuridici diversi dall’acquisto a titolo di proprietà, sia la possibilità di ricorrere all’avvalimento o alla costituzione di un RTI, non limitati dalla stazione appaltante.
Si ritengono, infine, fondate le contestazioni dell’istante relativamente a due criteri di valutazione dell’offerta tecnica.
Per quanto concerne il criterio della “distanza esistente tra il Municipio di Montalto Uffugo e la rimessa oggetto del rilascio della NCC”, è d’uopo premettere che sia l’Autorità che la giurisprudenza si sono più volte pronunciate sull’illegittimità dei requisiti di partecipazione alle gare e dei criteri di valutazione delle offerte basati esclusivamente su principi di prossimità territoriale, in quanto rivolti a creare un ingiustificato vantaggio in favore delle imprese aventi sede della medesima località della stazione appaltante.
Al riguardo, si rammenta che l’Autorità, nel Comunicato del Presidente del 10 ottobre 2010, ha ribadito che “i bandi di gara non possono prevedere requisiti soggettivi dei concorrenti legati ad elementi di localizzazione territoriale, con effetti escludenti dalle gare pubbliche o con valore discriminante in sede di valutazione delle offerte, e non attinenti alle reali esigenze di esecuzione del contratto ma esclusivamente ai requisiti tecnico-organizzativi delle imprese. Simili clausole rappresentano, infatti, una violazione dei principi di uguaglianza, non discriminazione, parità di trattamento e concorrenza, i quali vietano ogni discriminazione dei concorrenti ratione loci”. Alla luce di tale principio, l’Autorità ha ritenuto legittimi i criteri di valutazione dell’offerta basati su principi di prossimità territoriale solo quando volti a valorizzare un elemento che poteva oggettivamente incidere sulla qualità complessiva dell’offerta, come, ad esempio, nel caso della distanza del centro di preparazione dei pasti dal luogo di consegna (cfr. Delibera n. 391 del 12 aprile 2017); di contro, in assenza di una effettiva esigenza dell’Amministrazione, da considerarsi in ragione dell’oggetto dell’appalto, l’Autorità ritenuto illegittimo il criterio di valutazione dell’offerta costituito dalla distanza tra la sede legale dell’impresa e il luogo di esecuzione dell’appalto (cfr. Delibera n. 443 del 9 maggio 2018). Ad analoga conclusione è pervenuta la giurisprudenza con riferimento alla tipologia di affidamento di che trattasi, ritenendo illegittima la previsione di un maggior punteggio in base alla distanza chilometrica tra la sede comunale e l’autorimessa utilizzata dal concorrente (TAR Marche, sez. I, 25 gennaio 2010, n. 9).
Nel caso in esame, tenuto conto dell’oggetto del contratto, non è chiaro in che modo l’ubicazione della rimessa entro il territorio dell’ente comunale (max 20 km) possa incidere sulla qualità complessiva dell’offerta. La motivazione addotta, sul punto, dalla stazione appaltante (secondo la quale “ciò risponde all’esigenza di assicurare che detto servizio sia svolto, almeno tendenzialmente, a favore della comunità locale di cui il Comune è ente esponenziale”) non appare sufficiente a giustificare un simile criterio discriminatorio; ciò anche in ragione del fatto che l’art. 14 del capitolato prevede, tra gli obblighi dell’aggiudicatario, quello di individuare un deposito dei mezzi che si trovi sul territorio del Comune di Montalto o in comuni limitrofi, nel quale fare sostare i mezzi utilizzati per l’esecuzione del servizio.
Invece, per quanto concerne il criterio di valutazione con il quale viene assegnato un punteggio crescente a seconda del “numero medio degli addetti dell’impresa concorrente impiegati negli ultimi tre anni (rilevabili dal certificato della CCIIA)”, occorre rammentare che (come evidenziato dall’Autorità nelle Linee Guida n. 2 recanti “Offerta economicamente più vantaggiosa”) sebbene con il nuovo Codice sia stato superato il rigido divieto di commistione tra requisiti di partecipazione e criteri di valutazione, “possono essere valutati profili di carattere soggettivo introdotti qualora consentano di apprezzare meglio il contenuto e l’affidabilità dell’offerta o di valorizzare caratteristiche dell’offerta ritenute particolarmente meritevoli; in ogni caso, devono riguardare aspetti, quali quelli indicati dal Codice, che incidono in maniera diretta sulla qualità della prestazione”.
Invero, il superamento del suddetto principio non autorizza le stazioni appaltanti ad inserire criteri valutativi di tipo soggettivo del tutto sganciati dalla qualità dell’offerta ovvero legati ad aspetti che non impattano in alcun modo sull’esecuzione del servizio; esso, piuttosto, consente alle Amministrazioni, nei casi in cui ravvisino l’opportunità che determinate caratteristiche soggettive del concorrente (direttamente riguardanti l’oggetto del contratto) siano valutate, di prevedere nel bando di gara anche elementi di valutazione dell’offerta tecnica di tipo soggettivo, concernenti, in particolare, la specifica attitudine del concorrente, anche sulla base di analoghe esperienze pregresse, a realizzare lo specifico progetto oggetto di gara (nel medesimo senso cfr. Cons. Stato, sez. V, 17 gennaio 2018, n. 279).
Nel caso di specie, non appare chiaro (né è stato esplicitato dalla stazione appaltante) in che modo il numero degli addetti dell’impresa, negli ultimi tre anni, possa impattare sul contenuto e sulla qualità dell’offerta, ritenendola meritevole dell’attribuzione di un maggiore punteggio rispetto ai concorrenti dotati di un minore organico. Invero, il criterio de quo sembra introdurre surrettiziamente un favor per le imprese di rilevanti dimensioni (che hanno alle proprie dipendenze più di 85 lavoratori) che, in combinato disposto con i limiti (già censurati) connessi al fatturato aziendale, si traduce in una palese ed ingiustificata restrizione della concorrenza, a svantaggio delle piccole e medie imprese. Merita, peraltro, sottolineare, che, in questo caso, la valutazione non è stata correlata né all’esperienza pregressa conseguita dal personale grazie a precedenti affidamenti né al numero degli addetti (eventualmente in numeri aggiuntivi rispetto a quelli previsti dal capitolato) offerti dall’operatore economico per l’esecuzione del servizio appaltato, ma il criterio (per come formulato) si limita ad avvantaggiare le imprese che come dato storico vantino il possesso di un rilevante organico di personale, come risultante dalla visura camerale.
In questi termini, non può non contestarsi la legittimità anche del suddetto criterio di valutazione.
Alla luce delle considerazioni sopra esposte,
Il Consiglio
Ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che:
Il Presidente
Raffaele Cantone
Depositato presso la segreteria del Consiglio in data 5 giugno 2019
Il segretario Maria Esposito
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