INDICE
L’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, nell’esercizio dei poteri di segnalazione di cui all’articolo 6, comma 7, lett. e) ed f) del decreto legislativo n. 163 del 12 aprile 2006, intende formulare al Governo ed al Parlamento alcune osservazioni in merito alla recente riforma della disciplina dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, recata dall’articolo 15 della legge 20 novembre 2009, n. 166, che ha modificato ed integrato le disposizioni previste dall’articolo 23-bis del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito in legge 6 agosto 2008, n. 133.
La suddetta disciplina è destinata ad essere completata da un regolamento, i cui principi sono delineati nel comma 10 dell’articolo 23-bis, regolamento che avrà portata delegificante e riguarderà un ambito molto vasto, ridefinendo sostanzialmente il quadro normativo del settore. Il regolamento potrà, infatti, individuare espressamente le norme abrogate, in quanto incompatibili con la riforma; inoltre, il legislatore ha demandato al regolamento la soluzione di problematiche molto delicate, quali l’individuazione delle procedure di gara e le previsioni di dettaglio per l’ affidamento a società miste, il rispetto del patto di stabilità interno - anche da parte delle società miste ed in house -, il regime delle incompatibilità per mantenere distinte le funzioni di regolazione e di gestione, l’armonizzazione delle discipline generali con quelle settoriali, la partecipazione di imprese estere alle procedure di aggiudicazione, la tutela degli utenti dei servizi.
L’Autorità è già intervenuta sulla prima versione dell’articolo 23-bis con la Segnalazione al Governo ed al Parlamento “Disciplina dei servizi pubblici locali di rilevanza economica di cui all’articolo 23 bis del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito in legge 6 agosto 2008, n. 133” del 26 novembre 2008.
L’Autorità ha, altresì, condotto, nel corso degli ultimi anni, diverse indagini conoscitive settoriali1. In numerosi casi, tali indagini hanno portato a riscontrare la non conformità degli affidamenti alle normative generali e settoriali applicabili, unitamente ad un diffuso ricorso all’in house providing, oltre i limiti consentiti.
Da un punto di vista più generale, gli approfondimenti effettuati hanno posto in rilievo la persistente incompiutezza del processo di transizione dei servizi pubblici locali verso assetti di mercato concorrenziali, in larga parte dovuta a profili critici propri dell’architettura complessiva del sistema.
Nella convinzione che stabilità e chiarezza delle regole costituiscono, per tutti i servizi di valenza strategica per lo sviluppo industriale del Paese, elementi irrinunciabili, l’Autorità, in vista dell’emanazione del regolamento attuativo previsto dal comma 10 dell’articolo 23-bis,intende formulare alcune osservazioni per contribuire alla definizione di un quadro ordinamentale più lineare, al fine di facilitare lo sviluppo industriale e competitivo dei servizi pubblici, pervenire ad un miglior soddisfacimento dei bisogni essenziali della collettività ed assicurare un’equa remunerazione degli investimenti nei mercati interessati.
1. Le ragioni di una regolazione economica indipendente
La lenta e difficile affermazione del principio di evidenza pubblica nella procedura di affidamento della gestione dei servizi non ha condotto, fino ad oggi, ad una vera e propria liberalizzazione dei servizi pubblici locali. La realizzazione del mercato unico, le politiche per l’innovazione e per la privatizzazione delle imprese pubbliche e la creazione di mercati più efficienti, fattori questi dai quali ci si aspettava un contributo rilevante in termini di recupero di competitività del sistema industriale, crescita economica e miglioramento del benessere collettivo, non hanno ancora raggiunto pienamente i risultati attesi. Le ragioni di tale insuccesso vengono spesso imputate all’elevata instabilità del quadro normativo, ma devono considerarsi, al contempo, le forti criticità derivanti dalla mancanza di un’adeguata regolazione di mercato, atta a consentire l’avvio del processo di liberalizzazione.
Quest’ultimo non può prescindere, in primo luogo, da una corretta gestione dei diritti di accesso agli assets caratterizzati da condizioni di non duplicabilità economica o condivisibilità. Si tratta di un profilo di fondamentale rilevanza, in quanto le condizioni in cui le infrastrutture di rete versano e quelle legate alla remuneratività del loro sfruttamento sono alla base del successo o dell’insuccesso dei processi di liberalizzazione del mercato. Lo stato delle reti è, peraltro, fortemente diversificato non solo da settore a settore, ma anche all’interno dello stesso settore di servizi.
In secondo luogo, di estrema importanza è pervenire ad una reale separazione tra gestione della rete ed erogazione dei servizi, nonché condurre una attenta riflessione sull’assetto proprietario di tali infrastrutture.
A prescindere dalle diverse soluzioni prospettabili, va sottolineata al riguardo l’attuale frammentarietà del quadro normativo in materia, che risulta estremamente composito. Il riferimento principale è tuttora all’articolo 113 del decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267 (“Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali”, TUEL) che prevede, in sintesi, l’incedibilità della proprietà degli impianti, delle reti e delle altre dotazioni destinati all'esercizio dei servizi pubblici (comma 2), il diritto di accesso garantito a tutti i soggetti legittimati all'erogazione dei relativi servizi (comma 3) e le modalità di gestione delle reti da parte degli enti locali, qualora la stessa sia separata dall'attività di erogazione dei servizi (comma 4). A ciò, devono aggiungersi sia le discipline di settore (cui lo stesso articolo 113, comma 3, affida il compito di stabilire i casi nei quali l'attività di gestione delle reti e degli impianti possa essere separata da quella di erogazione degli stessi) sia le disposizioni introdotte dall’articolo 23-bis. Quest’ultimo se, da un lato, prevede che l’articolo 113 del TUEL resti abrogato nelle parti incompatibili con le nuove disposizioni (articolo 23-bis, comma 11), dall’altro, al comma 5, si limita a riaffermare la proprietà pubblica delle reti. Infine, nello schema di regolamento attuativo, la questione delle reti viene affrontata con esclusivo riguardo al settore idrico, prevedendo, all’articolo 1, comma 2, che restano ferme l’autonomia gestionale del soggetto gestore, la piena ed esclusiva proprietà pubblica delle risorse idriche, nonché la spettanza esclusiva alle istituzioni pubbliche del governo delle risorse stesse.
Pertanto, ad eccezione dei settori già sottoposti a regolazione economica, per i restanti servizi pubblici, le cruciali questioni dei rapporti tra gestione della rete ed erogazione dei servizi, nonché tra concedente e concessionario, non sembrano aver trovato adeguata disciplina normativa o regolamentare, essendo in massima parte demandate alle disposizioni di volta in volta eventualmente contenute nei bandi di gara per gli affidamenti. Tuttavia, una simile regolazione, di tipo esclusivamente convenzionale, presenta evidenti limiti derivanti, innanzitutto, dall’eccessiva concentrazione di ruoli in capo agli enti locali, che spesso rivestono, al contempo, le confliggenti funzioni di concedenti, regolatori e gestori del servizio. L’insufficienza della regolazione per contratto, oltre a generare incertezza che scoraggia l’impiego di risorse private, comporta una insoddisfacente remunerazione dell’asset pubblico, con detrimento delle fondamentali istanze di qualificazione e produttività della spesa pubblica.
La necessità di definire una serie di regole al fine di condizionare la performance del mercato al soddisfacimento di alcuni interessi collettivi – che non verrebbero raggiunti spontaneamente per la presenza di fallimenti o di altre imperfezioni di mercato – giustifica la scelta di affidare, in un contesto di razionalità procedurale, ad organi di natura tecnocratica e dotati di autonomia decisionale, il compito di interpretare fenomeni caratterizzati da intrinseca complessità e rilevanza, nell’ambito degli indirizzi definiti dal potere politico a livello nazionale e comunitario. Come avvenuto per i settori maggiormente regolamentati è, quindi, comune anche agli altri servizi pubblici l’opportunità che un soggetto terzo gestisca la separazione tra responsabilità politica e tecnica, individui le caratteristiche generali del processo di negoziazione fra titolare delle funzioni di indirizzo politico e proprietario-gestore, affronti problemi politicamente e socialmente rilevanti, come le modalità di determinazione delle tariffe dei servizi, l’universalità, la sostenibilità ed l’individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni, il monitoraggio e l’assetto dei rapporti tra concedente e gestore. Una autorità di regolazione nazionale contribuirebbe, altresì, a superare le difficoltà oggettive connesse alla predisposizione ed alla conduzione delle gare, quali la complessità dei bandi - specie quando aspetti legati a investimenti infrastrutturali e gestione corrente del servizio debbano essere congiuntamente definiti, col rischio di successive rinegoziazioni – e la limitata dimensione dei potenziali competitori – spesso ancora pubblici e fortemente legati all’ente locale di riferimento -, mediante la predisposizione di schemi di bandi di gara e di convenzioni che siano meglio in grado di tutelare l’interesse pubblico. Non da ultimo, un’autorità di regolazione nazionale potrebbe predisporre e gestire, a valle degli affidamenti, un sistema di auditing che consenta di verificare ex post l’esistenza di scostamenti rispetto ai piani di investimento programmati, la loro entità e le eventuali responsabilità.
A quanto osservato, deve aggiungersi la necessità di disporre dei dati gestionali e di mercato relativi all’intero territorio nazionale, al fine di intervenire tempestivamente e con trasparenza lungo tutta la filiera del processo di erogazione dei servizi, assicurandone qualità ed economicità. Tale organismo dovrebbe, quindi, poter disporre delle informazioni necessarie ad una efficiente regolazione dei diversi settori: dalle indagini effettuate, è emerso chiaramente che gli elementi a disposizione degli enti affidanti sono insufficienti per la strutturazione delle gare (ad esempio, sono carenti i dati relativi alla dimensione ottimale dell’area da mettere a gara, alle caratteristiche del contratto, con riferimento, tra l’altro, agli investimenti ed ai livelli qualitativi da richiedere al gestore), per la pianificazione e per il finanziamento degli investimenti infrastrutturali (quali le caratteristiche delle infrastrutture e, in particolare, la loro qualità, il grado di copertura ed i costi), nonché per un’efficiente regolazione tariffaria. Un regolatore nazionale potrebbe anche garantire più facilmente quelle condizioni di standardizzazione e trasparenza informativa essenziali per implementare gli schemi di yardstick competition, potenzialmente utili nei settori ove, per dimensione del mercato o per vincoli tecnologici, non sia possibile avere più operatori in concorrenza fra loro con accesso condiviso alla stessa infrastruttura di rete.
Accanto alla generalizzazione dell’evidenza pubblica come regola per gli affidamenti, lo strumento principale su cui porre l’attenzione va ravvisato nel perfezionamento del design del modello di regolazione economica più efficace per creare gli incentivi per gli operatori a reinvestire nello sviluppo infrastrutturale del Paese le risorse estratte dal mercato.
2. Le peculiarità delle discipline settoriali
Anche se caratterizzati da un comune dato istituzionale, i servizi pubblici locali costituiscono un insieme piuttosto eterogeneo di settori produttivi, dal punto di vista tecnologico e delle caratteristiche della domanda. Il novellato articolo 23-bis, al comma 1, come noto, esclude tout court dall’ambito della riforma alcuni settori (distribuzione di gas naturale2, distribuzione di energia elettrica, gestione delle farmacie comunali, trasporto ferroviario regionale) e, al contempo, abroga alcune norme generali e settoriali. Per l’affidamento dei servizi nei settori oggetto di deroga continuano, quindi, ad applicarsi le normative previgenti; tuttavia, anche in tal caso, non sembra venir meno la necessità di vagliare tali normative alla luce dei principi generali introdotti dalla riforma e, laddove necessario, intervenire con le opportune modifiche legislative al fine di pervenire ad un grado apprezzabile di armonizzazione. Per tutti gli altri servizi (tra i quali si annoverano la gestione dei rifiuti urbani, il trasporto pubblico locale non ferroviario ed il servizio idrico) opera la regola dell’applicazione integrale della riforma e dell’abrogazione tacita delle disposizioni settoriali incompatibili. Come già osservato nella Segnalazione del 2008, l’incertezza che ne potrebbe derivare, in assenza di chiare ed uniformi indicazioni interpretative, rischia di disincentivare l’apporto di risorse private. A mero titolo esemplificativo, può citarsi l’applicazione delle nuove disposizioni alla gestione integrata del ciclo dei rifiuti, per la quale il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 non contempla l’in house fra le modalità gestionali (articolo 202, comma 1). Occorre quindi chiarire se, quantomeno nel caso in cui ricorrano le situazioni eccezionali di cui all’articolo 23-bis, l’opzione organizzativa in questione torni ad essere valida anche per tale settore. Per la gestione delle risorse idriche e per la gestione dei rifiuti merita, inoltre, attenta considerazione la peculiare fase di riassetto e transizione determinata dalla soppressione, a partire dal 27 marzo 2011, delle autorità d'ambito territoriale (di cui agli articoli 148 e 201 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152) disposta ad opera dell’articolo 1, comma 1-quinquies, della legge 26 marzo 2010, n. 42 (di modifica dell’articolo 2, comma 186-bis, della legge 23 dicembre 2009, n. 191).
Il problema del raccordo con le normative di settore si manifesta in maniera evidente anche nel settore del trasporto pubblico locale e necessita di un’attenta analisi delle peculiarità della disciplina settoriale e delle sue prospettive evolutive. Come è noto, infatti, il settore del trasporto pubblico locale ha formato oggetto, in questo ultimo decennio, di importanti riforme che hanno portato alla progressiva affermazione del principio della concorrenza per il mercato e, quindi, della gara per la scelta del gestore, quale unica modalità di affidamento dei servizi. Per tale settore, si pone in rilevo anche la discordanza tra l’articolo 23-bis, comma 9 – che consente ai soggetti affidatari diretti di servizi pubblici locali di concorrere su tutto il territorio nazionale alla prima gara successiva alla cessazione del servizio - e l’articolo 18, comma 2, lett. a) del decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422 – che, nell’intento di evitare il consolidarsi di situazioni di vantaggio competitivo conseguite in virtù di affidamenti diretti - stabiliva l’esclusione dalla gara “terminato il periodo transitorio previsto dal presente decreto o dalle singole leggi regionali, delle società che, in Italia o all'estero, gestiscono servizi in affidamento diretto o a seguito di procedure non ad evidenza pubblica, e delle società dalle stesse controllate o ad esse collegate, delle loro controllanti e delle società di gestione delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali”. Si osserva, comunque, che l’articolo 5, par. 2, lettera c), del regolamento (CE) n. 1370/2007 prevede che “un operatore interno può partecipare a una procedura di gara equa da due anni prima che termini il proprio contratto di servizio pubblico ad aggiudicazione diretta, a condizione che sia stata adottata la decisione definitiva di sottoporre a procedura di gara equa i servizi di trasporto di passeggeri coperti dal contratto dell’operatore interno e che questi non abbia concluso nessun altro contratto di servizio pubblico ad aggiudicazione diretta”.
3. La trasparenza nelle procedure di affidamento
Un ulteriore fondamentale profilo riguarda la persistente mancanza di chiarezza sulle regole procedurali da osservare per l’aggiudicazione dei servizi. Nel nuovo quadro normativo, la gara diventa non soltanto il sistema ordinario di affidamento di tutti i servizi pubblici locali, ma anche il mezzo per tradurre in risultati tangibili gli obiettivi di concorrenzialità, efficienza e trasparenza cui la riforma si ispira. La tutela del principio concorrenziale passa, infatti, anche attraverso l’affermazione di un nuovo modus operandi delle pubbliche amministrazioni, improntato al rispetto del principio di trasparenza nell’utilizzo dello strumento concessorio. In altri termini, ove confronto concorrenziale non vi sia o non vi possa ancora essere nel mercato, se ne richiede comunque la salvaguardia nella strutturazione di forme di concorrenza per il mercato che postulano la definizione di regole trasparenti per gli affidamenti. Si ritiene, pertanto, indispensabile tradurre i principi previsti dall’articolo 30 del Codice per l’affidamento delle concessioni di servizi in regole applicative, al fine di consentire una gestione più trasparente dei procedimenti di gara e di permettere agli operatori economici ed agli enti aggiudicatori di agire nell’ambito di un quadro normativo più chiaro, omogeneo e certo. Infatti, la mancata codificazione di tali regole, lungi dal costituire un beneficio per gli enti locali in termini di maggiore libertà d’azione, sfocia spesso in aggravi procedurali dovuti proprio all’indeterminatezza delle disposizioni ed al connesso contenzioso sulla loro corretta applicazione.
Nella comunicazione interpretativa per l’aggiudicazione degli appalti non o solo parzialmente disciplinati dalle direttive appalti pubblici (2006/C 179/02) e nella comunicazione interpretativa sull'applicazione del diritto comunitario degli appalti pubblici e delle concessioni ai partenariati pubblico-privati istituzionalizzati (2008/C 91/02), la Commissione europea pone l’accento soprattutto sull'obbligo di trasparenza a cui sono tenute le amministrazioni, obbligo che consiste nel garantire, in favore di ogni potenziale offerente, un adeguato livello di pubblicità che consenta l'apertura dei contratti di servizi alla concorrenza, nonché il controllo sull'imparzialità delle procedure di aggiudicazione (cfr. Corte di giustizia, sentenza 7 dicembre 2000, causa C-324/98, considerato n. 62). Di conseguenza, è cruciale stabilire quali siano gli obblighi di pubblicità per l’affidamento dei servizi pubblici locali, da assolvere in ambito nazionale e sovranazionale, nonché determinare il metodo di calcolo del valore dell’affidamento - prevedendo che, in tale valore, rientrino anche gli introiti che si stima deriveranno dalla gestione del servizio3 - e le relative soglie di rilevanza. Il principio di trasparenza è strettamente legato a quello di non discriminazione, poiché garantisce condizioni di concorrenza non falsate ed esige che le amministrazioni concedenti rendano pubblica, con appropriati mezzi di pubblicità, la loro intenzione di ricorrere ad una concessione. Secondo le indicazioni della Commissione europea tali forme di pubblicità dovranno contenere le informazioni necessarie affinché potenziali concessionari siano in grado di valutare il loro interesse a partecipare alla procedura, quali l'indicazione dei criteri di selezione ed attribuzione dei punteggi, l'oggetto della concessione e delle prestazioni attese dal concessionario.
Occorre, altresì, determinare i requisiti di partecipazione alle gare (mutuandoli da quelli stabiliti dal Codice) e le procedure di gara da seguire4 . Sotto il primo profilo, si rammenta che la Commissione, nella comunicazione interpretativa 2008/C 91/02 citata, ha messo in luce che i criteri previsti per la partecipazione alle procedure di gara per l’aggiudicazione degli appalti pubblici possono essere utilizzati anche nell'ambito dell’affidamento delle concessioni. Sotto il secondo profilo, si ritiene che anche le procedure di aggiudicazione andrebbero modellate in base a quanto previsto per le concessioni di lavori, conservando eventualmente maggiori margini di flessibilità mediante la previsione di fasi di negoziazione, al pari di quanto previsto nel dialogo competitivo ex articolo 58 del Codice e di quanto sancito per il trasporto pubblico locale dal regolamento (CE) n. 1370/2007. Quest’ultimo introduce il concetto di gara “equa”, stabilendo (articolo 5) che, fatte salve le ipotesi previste dallo stesso regolamento, i contratti di servizio sono aggiudicati mediante una procedura di gara “equa, aperta a tutti gli operatori” nel rispetto dei principi di trasparenza e di non discriminazione. All’interno della procedura, proprio con l’intento di tenere conto della possibile complessità dell’oggetto dell’affidamento, è possibile prevedere, dopo la presentazione delle offerte e un’eventuale preselezione, fasi di negoziazione al fine di determinare il modo migliore per soddisfare requisiti elementari o complessi.
Un intervento chiarificatore si rende, del pari, opportuno con riguardo al profilo dell’operatività dei gestori ed in particolare al divieto previsto dal comma 9 dell’articolo 23-bis, secondo cui le società, le loro controllate, controllanti e controllate da una medesima controllante, anche non appartenenti a Stati membri dell’Unione europea, che, in Italia o all’estero, gestiscono di fatto o per disposizioni di legge, di atto amministrativo o per contratto servizi pubblici locali in virtù di affidamento diretto, di una procedura non ad evidenza pubblica ovvero ai sensi del comma 2, lettera b) , nonché i soggetti cui è affidata la gestione delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali degli enti locali, qualora separata dall’attività di erogazione dei servizi, non possono, per tutta la durata della gestione, acquisire la gestione di servizi ulteriori ovvero in ambiti territoriali diversi, né svolgere servizi o attività per altri enti pubblici o privati, né direttamente, né tramite loro controllanti o altre società che siano da essi controllate o partecipate, né partecipando a gare. Il divieto non si applica alle società quotate in mercati regolamentati ed al socio di società mista selezionato ai sensi della lettera b) del comma 2. Le preclusioni, quindi, si estendono a tutta la catena verticale del controllo societario, andando a colpire anche le società collegate o partecipate. Tale disposizione dovrebbe essere interpretata alla luce del principio di proporzionalità, essendo difficilmente ammissibile un’esclusione assoluta e totale da qualsiasi commessa pubblica o privata per tutte le società di un gruppo in cui fosse collocata, in posizione di controllo o collegamento, una società mista ovvero una società in house affidataria diretta di servizi pubblici locali a rilevanza economica. Peraltro, occorre valutare l’ampia nozione comunitaria di operatore economico, rammentando che, secondo il diritto comunitario, l'entità a capitale misto resta libera, al pari di qualsiasi altro operatore economico, di partecipare a gare di appalto pubbliche, salva l’applicazione di misure idonee ad evitare che la partecipazione di un organismo di diritto pubblico ad una procedura di aggiudicazione, in qualità di offerente, non causi distorsioni della concorrenza nei confronti di offerenti privati (sul punto, cfr. la comunicazione intepretativa della Commissione 2008/C 91/02).
4. La costituzione delle società miste
Per quanto concerne le società miste, al fine di evitare utilizzi distorsivi, il regolamento attuativo dovrebbe imporre agli enti affidanti di circoscrivere puntualmente le attività comprese nei compiti operativi del socio privato, nonché esplicitare l’obbligo di indire una nuova procedura di gara in caso di modifica alle condizioni essenziali dell’affidamento (tra cui l’oggetto dello stesso). Quanto precede, fatta salva, in ipotesi, la possibile limitata estensione di tali compiti al ricorrere di situazioni eccezionali o servizi meramente supplementari non inclusi nel progetto iniziale, al pari di quanto previsto per gli appalti pubblici. Ciò deve valere, chiaramente, anche con riguardo all’esternalizzazione completa del servizio. In questo senso, è utile citare la recente pronuncia della Corte di giustizia del 13 aprile 2010 (procedimento C-91/08), secondo cui, qualora le modifiche apportate alle disposizioni di un contratto di concessione di servizi presentino caratteristiche sostanzialmente diverse da quelle previste nell’aggiudicazione iniziale e siano, di conseguenza, idonee a dimostrare la volontà delle parti di rinegoziare i termini essenziali di tale contratto, “devono essere concessi, conformemente all’ordinamento giuridico interno dello Stato membro interessato, tutti i provvedimenti necessari per reintrodurre la trasparenza nel procedimento, ivi compresa anche la possibilità un nuovo procedimento di aggiudicazione”.
Inoltre, sempre in base alle indicazioni comunitarie, dovrebbe essere espressamente previsto l’obbligo di inclusione nella documentazione di gara (o di esplicitazione in un’eventuale fase di successiva negoziazione) della bozza di statuto della società e di informazioni dettagliate su eventuali patti parasociali e su tutti gli altri elementi che regolano, da un lato, il rapporto contrattuale tra l'amministrazione aggiudicatrice e il partner privato e, dall'altro, il rapporto tra l'amministrazione aggiudicatrice e l'entità a capitale misto da costituire.
Con riguardo all’in house, la nuova formulazione del comma 3 dell’articolo 23-bis chiarisce che, anche dopo il periodo transitorio, esso è consentito per situazioni eccezionali. che non permettono un efficace e utile ricorso al mercato, nel rispetto dei principi della disciplina comunitaria in materia di controllo analogo sulla società e di prevalenza dell’attività svolta dalla stessa con l’ente o gli enti pubblici che la controllano. Anche per questo aspetto, è auspicabile che l’emanando regolamento indichi quali siano i mezzi per dare adeguata pubblicità alla scelta dell’ente, come previsto dal comma 4 dell’articolo 23-bis. Al riguardo, una idonea pubblicità potrebbe consistere nella pubblicazione sul sito informatico dell’Autorità, già disciplinato dall’articolo 66, comma 7 del Codice e dal relativo regolamento attuativo.
Da un punto di vista di coerenza sistematica della disciplina, si rileva, altresì, la necessità di chiarire se, per la gestione delle reti ex articolo 113, comma 4, del TUEL, il ricorso all’in house sia svincolato dal ricorrere delle condizioni di eccezionalità, soprattutto laddove la gestione non sia separata dall’attività di erogazione dei servizi.
Inoltre, nel disciplinare il procedimento per la richiesta di parere, si ritiene opportuno prendere in considerazione l’ipotesi di costituzione di una società in house multiutility, che sia affidataria, al contempo, di servizi con e privi di rilevanza economica. La fattispecie è stata, di recente, oggetto di analisi da parte della giurisprudenza contabile (deliberazione Corte dei Conti - sezione regionale di controllo per la Lombardia 24/10/2009 n. 923/2009/PAR) che, nell’affermarne la legittimità, ha statuito che, in tal caso, il parere preventivo dell'AGCM deve essere richiesto per ogni singolo servizio affidato, anche se teoricamente di rilevanza non economica.
Un approfondimento a se stante merita l’applicazione dell’in house al trasporto pubblico locale non ferroviario, per il quale la disciplina generale deve essere armonizzata con quanto stabilito dal regolamento CE n. 1370/2007 del 23 ottobre 2007, applicabile in via principale ai servizi nazionali ed internazionali di trasporto pubblico di passeggeri per ferrovia ed altri modi di trasporto su rotaia e su strada ed entrato in vigore il 3 dicembre 2009. Il regolamento CE - oltre a dettare una disciplina specifica sul contenuto minimo obbligatorio dei contratti di servizio, le ipotesi di proroga dei contratti, le procedure di gara da espletare e le forme di pubblicità da osservare - codifica l’in house in modo compiuto, ma parzialmente difforme dal consolidato orientamento dei giudici comunitari. All’articolo 5, paragrafo 2, si prevede, infatti, che la piena proprietà pubblica non costituisce una condizione essenziale ai fini della configurabilità dell’in house, a patto che il controllo analogo sia desumibile da altri elementi (quali, ad esempio, il livello della rappresentanza del socio pubblico in seno agli organi di amministrazione, di direzione o vigilanza, le relative disposizioni statutarie, l’assetto proprietario, l’influenza ed il controllo effettivi sulle decisioni strategiche e sulle singole decisioni di gestione). Tenendo conto di queste disposizioni, sarebbe auspicabile puntualizzare, nel regolamento attuativo dell’articolo 23-bis,che, qualora il servizio di trasporto pubblico locale di passeggeri sia affidato in house, il controllo analogo dovrà essere determinato secondo quanto previsto all’articolo 5 citato. Si rammenta che lo stesso articolo 5, al paragrafo 4, permette, “a meno che sia vietato dalla legislazione nazionale”, l’aggiudicazione diretta dei contratti di servizio pubblico il cui valore annuo medio stimato sia inferiore a 1.000.000 euro oppure che riguardino la fornitura di servizi di trasporto pubblico di passeggeri inferiore a 300.000 chilometri l’anno. Queste soglie sono aumentate rispettivamente a 2.000.000 euro ed a 600.000 chilometri l’anno nel caso in cui l’aggiudicatario sia una piccola o media impresa che opera con non più di 23 veicoli. Le previsioni illustrate pongono dei problemi di coordinamento con l’articolo 23-bis, che non prevede forme di affidamento diretto ma, al contempo, non contiene divieti espressi. Pertanto, al fine di fugare dubbi interpretativi nel raccordo tra le normative, sarebbe opportuno esplicitare la sussistenza del divieto di affidamento diretto nel regolamento attuativo.
6. L’interpretazione del regime transitorio
Sussitono alcune incertezze intepretative con riguardo al regime transitorio degli affidamenti non conformi, ora opportunamente dettato dal comma 8 dell’articolo 23-bis e non più demandato al regolamento attuativo. Le modifiche apportate accolgono l’auspicio espresso dall’Autorità nella Segnalazione del 2008 circa l’inclusione, tra gli affidamenti che proseguono sino alla scadenza naturale, di quelli a favore di società mista pienamente conformi alla disciplina comunitaria. Le disposizioni transitorie potrebbero, ciò nondimeno, determinare difficoltà applicative soprattutto nell’ipotesi di società multiutility, beneficiarie di una pluralità di affidamenti, qualora gli stessi siano sottoposti a regimi transitori diversi.
E’ poi opportuno garantire una transizione ordinata verso l’esternalizzazione totale o parziale dei servizi gestiti dalle società in house conformi ai principi comunitari. A tal fine, si ritiene che il comma 8, lettera a, dell’articolo 23-bis dovrebbe essere interpretato nel senso che, ai fini del rispetto della data del 22 agosto 2008, sia sufficiente l’avvenuto avvio della regolarizzazione degli affidamenti conformemente ai principi comunitari in materia di cosiddetta in house. Parimenti, si ritiene che, entro la data del 31 dicembre 2011, le amministrazioni siano obbligate a deliberare - e non necessariamente a concludere - le procedure per la cessione di almeno il 40 per cento del capitale delle società interamente partecipate, in modo da consentire un’attenta pianificazione della strategia di cessione patrimoniale in considerazione anche dei trend dei mercati azionari. Inoltre, benché la norma citata letteralmente limiti la possibilità di trasformazione alle società a totale capitale pubblico conformi, alla data del 22 agosto 2008, ai principi comunitari in materia di in house, a parere dell’Autorità, questa opzione non può intendersi preclusa nel caso di società a totale capitale pubblico che, a tale data, non erano conformi. Ciò, in quanto la società mista costituisce un modello ordinario di gestione, sicché l’ente locale conserva la piena facoltà di affidare la gestione del servizio ad una società mista derivata dalla trasformazione della società totalmente pubblica non conforme, purché l’operazione di trasformazione venga posta in essere entro e non oltre la data del 31 dicembre 2010, prevista dall’articolo 23-bis, comma 8, lettera e) come data di cessazione di tutti gli affidamenti non conformi e non soggetti ai regimi specifici di cui alle lettere da a) a d) del medesimo comma.
Un delicato problema di coordinamento in fase transitoria si pone con riguardo al settore del trasporto pubblico locale: il citato regolamento CE n. 1370/2007, all’articolo 8, paragrafo 2, prevede che l'aggiudicazione dei contratti di servizio pubblico di trasporto per ferrovia o su strada (aventi la forma di contratti di concessione di servizi) debba essere conforme alle procedure in esso previste a decorrere dal 3 dicembre 2019, termine ben più ampio di quello previsto dalla disciplina nazionale. Sino a tale data, le autorità competenti sono tenute ad adottare misure per conformarsi gradualmente all’articolo 5, al fine di evitare gravi problemi strutturali, in particolare per quanto riguarda la capacità di trasporto. Visto l’evidente divario temporale esistente tra i diversi periodi transitori (quelli individuati dall’articolo 23-bis - ricadenti in un lasso di tempo che va dal 31 dicembre 2010 al 31 dicembre 2015 - e quello del regolamento CE, fissato al 3 dicembre 2019) ed in considerazione del fatto che, in base ai dati raccolti dall’Autorità (con riferimento ai Comuni capoluoghi di Regione), la maggior parte dei contratti di concessione, se si applicasse il regime transitorio dell’articolo 23-bis, sarebbero in scadenza a breve, si palesa l’urgenza di un coordinamento tra le citate disposizioni, volto a chiarire se l’articolo 23-bis possa essere ritenuto quale misura già adottata dal legislatore nazionale per conformarsi, anticipatamente, alla normativa comunitaria.
7. L’utilità di un sistema di monitoraggio
Come osservato in premessa, le indagini svolte dall’Autorità offrono un importante supporto nella conoscenza delle problematiche di settore, grazie al quale possono essere circoscritte le persistenti criticità del processo di liberalizzazione. Proseguendo nell’attività di indagine e studio, l’Autorità intende svolgere funzioni di raccolta, elaborazione e divulgazione di dati statistici e conoscitivi. A tal fine, l’Autorità dovrebbe procedere al censimento dei soggetti gestori e dei relativi dati dimensionali, tecnici e finanziari di esercizio. Quindi, dovrebbero essere raccolte le convenzioni, le condizioni generali di contratto applicate dai gestori, i piani di investimento per l'ammodernamento degli impianti e lo sviluppo dei servizi.
Questa attività non può, tuttavia, essere svolta senza l’espressa imposizione, in capo agli enti affidanti ed ai soggetti gestori, dell’obbligo di trasmettere i dati all’Autorità con cadenza periodica. Il regolamento attuativo dell’articolo 23-bis potrebbe, quindi, attribuire all’Osservatorio presso l’Autorità le competenze in merito alla raccolta sistematica dei dati sull’andamento del rapporto concessorio. In particolare, si tratterebbe di definire alcune informazioni basilari che riassumano l’andamento del rapporto concessorio, come, ad esempio, la durata della concessione stessa, la metodologia usata per gli adeguamenti tariffari, gli eventuali scostamenti dal piano economico-finanziario iniziale, i livelli di qualità previsti, ecc.. I dati così raccolti confluirebbero nel sistema informativo dell’Autorità, al fine di essere elaborati per verificare la reputazione dei concessionari, il livello di qualità offerto, il corretto utilizzo delle risorse pubbliche impiegate. In questo modo, si eviterebbe di rendere la gestione delle società pubbliche autoreferenziale introducendo, attraverso una adeguata pubblicità e l’invio costante di informazioni, dei principi di trasparenza e accountability che sono importanti in tutte le situazioni in cui non è il mercato a valutare la gestione di alcuni organismi societari.
Approvato dal Consiglio nella seduta del 3 giugno 2010.
Firmato:
I Consiglieri relatori: Giuseppe Borgia, Andrea Camanzi
Il Presidente: Luigi Giampaolino
1 Cfr., in particolare, Deliberazione n. 16 del 24 marzo 2010 “Procedimento volto ad accertare l'osservanza della normativa per l'affidamento del servizio idrico integrato. Indagine relativa alle gestioni affidate a società interamente pubbliche”, Deliberazione n. 15 del 24 marzo 2010 “Procedimento volto ad accertare l’osservanza della normativa per l’affidamento del servizio idrico integrato. Indagine relativa all’affidamento a società miste “, Deliberazione n. 2 del 13 gennaio 2010 “Procedimento di accertamento della legittimità degli affidamenti in house ai soggetti gestori pubblici del Servizio di Gestione Integrata dei rifiuti urbani”, Deliberazione n. 24 del 1 aprile 2009, “Procedimento volto ad accertare l'osservanza della normativa per l'affidamento del servizio idrico integrato”, Deliberazione n. 53, del 17 giugno 2009 “Indagine conoscitiva sul settore dei Servizi di Gestione Integrata dei rifiuti urbani”, Deliberazione n. 16 del 7 maggio 2008 “Avvio di procedimento volto ad accertare l'eventuale inosservanza della normativa per l'affidamento del servizio idrico integrato”, Deliberazione n. 53 del 26 novembre 2008 “Indagine conoscitiva sul settore dei Servizi di Gestione Integrata dei rifiuti urbani”.
2 Per tale settore l’esclusione era già stata disposta dall’articolo 30, comma 25, legge 23 luglio 2009, n. 99 ("Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia").
3 E’, infatti, a partire dal punto di vista dei potenziali offerenti che deve essere apprezzato se il valore dell’affidamento raggiunga la soglia di rilevanza sovranazionale (in tal senso, cfr. le argomentazioni della CGCE, sentenza 18 gennaio 2007, causa C-220/05, con riguardo all’appalto ed alla concessione di lavori in riferimento alle soglie fissate dalla direttiva appalti 93/37/CEE, così come modificata dalla direttiva 97/52/CE).
4 Per l’affidamento delle concessioni nel settore del gas, dovrebbe essere varato a breve lo schema di decreto legislativo recante misure per la maggior concorrenzialità nel mercato del gas naturale ed il trasferimento dei benefici risultanti ai clienti finali , ai sensi dell'art. 30, commi 6 e 7, della legge 23 luglio 2009, n. 99, approvato in via preliminare dal Consiglio dei Ministri il 23 aprile 2010.