Le gare pubbliche: il futuro di un modello
Date:
10 maggio 2011 - 10 maggio 2011

Prefazione del Presidente dell’Autorità Giuseppe Brienza
C’è una costante nell’approccio che in Italia ha prevalentemente caratterizzato la regolamentazione delle attività contrattuali delle pubbliche amministrazioni: la diffidenza nei confronti della discrezionalità delle stazioni appaltanti.
La “cultura del sospetto” verso gli amministratori pubblici e gli interlocutori nelle procedure contrattuali originata dall’idea del contenimento della spesa più che dalla sua ottimizzazione, ha stimolato la produzione di un’imponente massa di regole volte a disciplinare puntigliosamente ogni passaggio procedurale, limitando per quanto possibile l’esercizio di poteri discrezionali e accompagnandoli con meccanismi di controllo.
Le amministrazioni hanno trovato all’interno di questa spessa cornice regolativa un comodo rifugio al riparo da rischi e incertezze che potrebbero scaturire da una gestione più aperta e responsabile, potendo opporre un formale rispetto di norme e procedure a qualsiasi contestazione non solo sulla legittimità ma una eventuale scarsa efficacia dell’azione amministrativa.
La lettura degli scritti raccolti nel presente volume è quindi di notevole interesse poiché ne emerge che l’efficacia non dipende dai vincoli formali più o meno numerosi, ma dalla capacità di una visione adeguata del problemi da risolvere e delle soluzioni operative e gestionali e, quindi, proprio da una valorizzazione della discrezionalità nell’agire della pubblica amministrazione che il garantismo eretto a mito mira invece a comprimere.
E’ interessante notare come, in realtà, l’evoluzione in senso paritario dell’agire della pubblica amministrazione debba condurre anche ad una rivisitazione dell’essenza della discrezionalità che deve essere liberata ed impiegata come ordinaria modalità di esercizio del potere amministrativo e volta nell’ambito dei principi di legalità e trasparenza ad assicurare il miglior perseguimento dell’interesse pubblico non più in un’ottica di rispetto di una legalità astratta ma del miglior risultato per l’amministrazione.
Del resto, la facoltà di scelta dell’Amministrazione non può che essere collegata all’esistenza di zone di “mobilità” che consentono alla stessa di ottimizzare le soluzioni del caso concreto.
L’approccio interdisciplinare del volume, il dialogo tra studiosi di settori diversi dimostra che la necessità di aumentare la discrezionalità della PA per utilizzare procedimenti ed i contratti nel modo più appropriato, è un passaggio ineludibile per aumentare l’efficienza del sistema degli appalti pubblici.
E’ ormai da due decenni che il settore degli appalti pubblici italiano è testimone di una serie di cambiamenti che, da un lato, sono la conseguenza di un necessario adeguamento della normativa nazionale a quella comunitaria ma, dall’altro, rappresentano i diversi passaggi della vita politica e istituzionale del Paese.
Se si guarda alle ragioni che all’epoca portarono il legislatore a scrivere la legge Merloni , si vede chiaramente come in quel periodo era forte l’esigenza di un cambiamento nella disciplina normativa del settore dei lavori pubblici per arginare tutta una serie di problematiche connesse in parte all’inefficienza della PA, ed in parte alla corruzione.
I comportamenti illegittimi da parte di imprese e stazioni appaltanti potevano prosperare anche a causa delle numerose norme che si sovrapponevano e che, creando incertezza, rendevano poco limpidi i confini della legalità.
Ma, la soluzione che all’epoca fu trovata e che, forse, in quel momento era l’unica possibile, e cioè la “compressione” dei poteri decisionali della stazione appaltante, non ha dimostrato di conseguire gli obiettivi prefissati che sono primariamente quelli dell’efficienza e dell’economicità.
Dalle analisi svolte dall’Autorità in merito all’andamento degli appalti di lavori pubblici iniziati e conclusi tra il 2005 e il 2009 (cfr. capitolo I della relazione al Parlamento del 2009) emerge evidente la difficoltà, da parte delle stazioni appaltanti, nel 73% circa dei casi, di rispettare i tempi previsti di esecuzione del contratto che si allungano per più del 78,1% dei tempi preventivati.
A fronte di tali forme di inefficienza, non ha aiutato la più volte denunciata tendenza alla iper-regolamentazione, che ha comportato solo il proliferare, a ritmo incalzante, di regole, sia sostanziali che processuali, le prime doppiate, poi, per buona parte, nelle varie sedi regionali e, infine, accompagnate da sempre più analitiche disposizioni regolamentari; tale condizione costituisce indubbiamente un dato caratterizzante del nostro ordinamento, tale da far pensare all’icastica definizione Kelseniana dell’Italia come patria non più del diritto ma delle leggi. Si pensi che il corpus giuridico del settore (Codice e Regolamento) assumerà le mastodontiche dimensioni di 615 articoli e 58 allegati contro i circa 150 articoli delle due direttive europee, la 17 e la 18 del 2004.
Tale situazione determina un irrigidimento ed un’eccessiva burocratizzazione di un settore – quale quello dei contratti pubblici - caratterizzato, invece, da un mercato dinamico, al quale occorrerebbe soltanto fornire linee di scorrimento di agile percorribilità e non una disciplina dettagliata ed ostacolante.
Le regole, invece, devono essere rigorose e semplici.
L’Autorità è attenta ad evitare che la stessa regolazione, da essa stessa - e da altri organismi nazionali - adottata, non si trovi ad operare in un contesto di disciplina ove il garantismo soffoca l’efficienza, finendo per trasferire integralmente a situazioni di mercato criteri elaborati per campi di dominio amministrativo.
La lettura del volume fa capire che la sfida, a questo punto, diviene la trasformazione in risorsadella discrezionalità attribuita alle stazioni appaltanti in ragione dell’esigenza di ricerca di soluzioni efficaci ed efficienti.
Si tratta di un processo volto a trovare un equilibrio tra legalità formale ed efficienza/efficacia dell’azione amministrativa, tra rigore e imparzialità da un lato, flessibilità e celerità dall’altro, affermando una concezione di discrezionalità che nella produzione di beni e servizi pubblici si associ ad una netta e trasparente assunzione di responsabilità.
Evidentemente, perchè ciò non rimanga soltanto dichiarazione d’intenti, occorre consolidare meccanismi che favoriscano la circolazione delle conoscenze e l’apprendimento dalle scelte passate, orientando così correttamente l’esercizio dei poteri discrezionali.
Di qui l’importanza, più volte sottolineata dall’Autorità che ho l’onore di presiedere, della trasparenza e della piena conoscibilità dell’azione amministrativa che può essere realizzata attraverso uno strumento conoscitivo di grandissimo valore: l’Osservatorio dell’Autorità.
L'informatizzazione, la semplificazione dei processi, la vasta e articolata attività di monitoraggio e rilevazione statistico-gestionale che l'Autorità svolge durante tutto il ciclo di vita degli appalti, raccogliendo ed elaborando dati ed informazioni, costituisce uno strumento essenziale di conoscenze al servizio dell’intera Nazione, delle Amministrazioni, dei cittadini e delle imprese.
L’Autorità ha già avviato la trasformazione e valorizzazione del suo Osservatorio in un nuovo sistema integrato e più evoluto, in grado di raccogliere e aggiornare in tempo reale i dati di tutti i contratti pubblici disponibili presso lo stesso Osservatorio, le Stazioni Appaltanti e le altre amministrazioni pubbliche e di gestirli integrandoli fra loro.
Il nuovo Osservatorio dell’Autorità costituisce, già oggi, un notevole passo avanti verso il raggiungimento dell’obiettivo della piena trasparenza dell’azione pubblica nel settore contenuto in alcuni provvedimenti legislativi attualmente in itinere, le cui disposizioni si auspica siano perfezionate ed approvate, e che prevedono la sua evoluzione finale nella Banca dati nazionale dei Contratti pubblici, prevista nel nuovo Codice dell’amministrazione digitale quale banca dati di interesse nazionale.
Non mancano, poi, nel codice degli appalti, quegli elementi che possono meglio garantire le Amministrazioni da comportamenti opportunistici delle imprese.
Solo per citarne alcuni si può sottolineare l’importanza della determinazione dei costi standard per lavori, forniture e servizi da parte dell’Autorità e il ruolo del casellario informatico delle imprese nell’incentivare adeguati meccanismi reputazionali.
E mi preme sottolineare questo ultimo aspetto, cioè l’esigenza di introduzione della “reputazione” delle imprese come criterio a supporto delle scelte operate dalle stazione appaltanti e, conseguentemente, come fattore di sviluppo del mercato stesso, perché ritengo che le puntuali analisi dai contenuti fortemente innovativi svolte dagli studiosi nel volume coordinato dal Prof. Comporti vadano nella stessa direzione.
Su tale tema l’Autorità ha avviato un confronto con tutti i soggetti interessati, attraverso la costituzione di appositi Tavoli tecnici.
L’obiettivo che si intende conseguire - sentiti i rappresentanti delle stazioni appaltanti e le organizzazioni maggiormente rappresentative delle imprese – è quello di introdurre parametri reputazionali oggettivi, basati sulla valutazione del comportamento tenuto dalle imprese nell’esecuzione del contratto, sul presupposto che ciò possa risultare funzionale sia sotto il profilo concorrenziale che sotto quello qualitativo.
La mancata valorizzazione del patrimonio informativo sulle performance pregresse conduce, di fatto, ad un’asimmetria informativa tra stazione appaltante ed impresa esecutrice.
La performance dell’impresa e la reputazione della stessa sul mercato non sono infatti attualmente valorizzate come strumenti idonei ad assicurare la qualità delle future prestazioni, oltre alla selezione di un operatore economico che sia, al contempo, miglior offerente e miglior esecutore (in tal senso, può parlarsi di “reputazione positiva”).
L’utilizzo degli indici reputazionali potrebbe consentire, alle stazioni appaltanti, ad esempio, una individuazione delle imprese da invitare alle procedure negoziate in modo da coniugare flessibilità, discrezionalità con efficienza e trasparenza.
In conclusione, l’auspicio è che la lettura del libro possa favorire l’idea che investire sulla capacità decisionale delle pubbliche amministrazioni, possa far diventare queste centri di promozione della concorrenza e dell’efficienza e non ostacolo allo sviluppo.
Introduzione
Programma
ore 16.45 Registrazione partecipanti ore 17.00 Introduce e presiede Giuseppe Brienza Presidente AVCP
Relazioni
ore 17.15 Fabio MerusiProfessore Ordinario di Diritto Amministrativo - Università di Pisa
ore 17.40 Piero Calandra Consigliere AVCP
ore 18.05 Alessandro Pajno Presidente di Sezione del Consiglio di Stato
ore 18.30 Gustavo Piga Professore Ordinario di Economia Politica - Università di Roma Tor Vergata
Per confermare la partecipazione: comunicazione@avcp.it
Tel. 06.3672.3888 (ricerca automatica)
Ultimo aggiornamento 21/10/2021, 13:40
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Presentazione del volume ‘Le gare pubbliche: il futuro di un modello, a cura di Gian Domenico Comporti - Editoriale Scientifica. Napoli, 2011.
Roma, 10 maggio 2011 alle ore 16.45 presso la Sala conferenze AVCP, via P. S. Mancini, 27 - 00196 (Metro Piazzale Flaminio)