Giuseppe Busia "Sbagliato eliminare l'abuso d'ufficio. Così controlli sempre più a rischio"
Data:
18 novembre 2024

Giuseppe Busia "Sbagliato eliminare l'abuso d'ufficio. Così controlli sempre più a rischio" - La Stampa, 18 novembre 2024
L'intervista. Giuseppe Busia "Sbagliato eliminare l'abuso d'ufficio Così controlli sempre più a rischio"
Il presidente dell'Anac: "Ora si può favorire un amico se non si riceve in cambio un vantaggio"
Combattere la corruzione è anche questione di cultura. Ne è convinto Giuseppe Busia, presidente dell'Anac, Autorità nazionale anti corruzione.
E lo dice chiaramente: la battaglia contro gli illeciti negli appalti «richiede un clima culturale che ne evidenzi gli enormi danni».
La riflessione su leggi sempre più deboli e indagini in tutta Italia arriva dopo l'inchiesta della procura di Roma su un giro di tangenti negli appalti del Giubileo, nata anche dopo alcune segnalazioni da Anac sulle imprese oggi indagate.
Il governo ha eliminato l'abuso d'ufficio: non certo un aiuto per limitare la corruzione.
«È stata una decisione sbagliata, che lascia vuoti di tutela importanti, creando anche disarmonie nell'ordinamento, con conseguenti dubbi di legittimità costituzionale».
Può farci degli esempi?
«Adesso non è più penalmente rilevante se un commissario di concorso fa vincere il candidato che gli è simpatico, oppure se un funzionario affida direttamente un appalto ad un'impresa amica, omettendo di fare la gara. Ciò, purché questi non ricevano qualcosa in cambio».
Anche la Corte dei Conti si avvia ad essere profondamente ridimensionata nel suo ruolo?
«La Corte dei conti svolge un ruolo fondamentale per evitare lo spreco di risorse pubbliche: può essere utile aumentare i controlli preventivi e collaborativi, quali quelli che anche noi facciamo, ma senza snaturarne il ruolo e purché si doti di mezzi adeguati. Altrimenti si finisce per eliminare i controlli, che invece sono essenziali».
Quali anticorpi contro la corruzione mancano al nostro Paese?
«In modo totalmente inaspettato, pur dopo un percorso di proficua collaborazione, l'ultimo disegno di legge ha eliminato dal codice il rating reputazionale delle imprese. Affidato all'Anac, prevedeva una valutazione dell'impresa sulla base di dati oggettivi, legati anche all'esperienza».
Un report sulla qualità?
«Che, ad esempio nel caso di Roma, avrebbe da subito segnalato il sorgere di tante Srl senza alcuna competenza ed esperienza. Le stazioni appaltanti devono scegliere chi ha una storia buona ed è affidabile. Serviva semplificarlo, ma eliminarlo è un errore».
Perché è stato fatto?
«È stato sostituito da un meccanismo parziale e poco efficace, affidato al Ministero invece che ad un'autorità indipendente. Spero si torni indietro. Senza chiudere il mercato, bisogna scoraggiare il proliferare d'imprese che sorgono dal nulla: nel migliore dei casi serve ad eludere il fisco, nel peggiore a nascondere attività fraudolente come quelle che abbiamo visto».
Al centro dell'inchiesta sugli appalti nella Capitale c'era un imprenditore con una galassia di imprese. Come tutelarci?
«Ad esempio, con l'obbligo di indicare il titolare effettivo. Altra cosa che come Anac abbiamo richiesto ed inspiegabilmente non viene inserita nel codice. In questo caso, come in molti altri, c'erano tutte imprese riconducibili ad un'unica persona».
Con i subappalti a cascata le cose si complicano. Ma è la normativa europea a consentirli.
«Bisogna comunque scoraggiarne l'abuso, in ogni caso sottoponendoli a controlli e verifiche puntuali. Di fatto, penalizzano tutti: i subappaltori
onesti, che devono devolvere parte del guadagno a chi li precede nella catena, i lavoratori, esposti a rischi crescenti e condizioni deteriori, e tutta la comunità, perché inevitabilmente la qualità delle prestazioni si riduce. C'è poi un altro limite del codice, sul quale spero si intervenga».
Quale?
«Il conflitto d'interessi. Con il nuovo codice, le regole che lo riguardano sono state molto ammorbidite».
Altra questione sono gli affidamenti diretti. Cito le sue parole: «Per compensare all'urgenza, si penalizza la trasparenza». Ci crede ancora?
«Quando vi è un'urgenza, è giusto che si applichino procedure acceleratorie, e noi stessi abbiamo in generale proposto semplificazioni.
Ma perché, per i casi ordinari, in cui l'amministrazione non ha fretta, si prevede che si possano spendere fino a 140 mila euro
di soldi pubblici senza neanche confrontare due preventivi per servizi, come le consulenze, o per acquistare beni?
Tutto questo, quando oggi bastano pochi minuti sul web per comparare i costi della maggior parte dei beni e ciascuno di noi lo fa per cifre ben inferiori».
Ultimo aggiornamento 21/11/2024, 14:47